La verità di Roma

Antonio Finelli dipinge Roma con la freschezza di un bambino meticoloso e sapiente. La sua pittura è semplice e sigilla il vero con tarsie modellate di colore verde, celeste, rosso, giallo e viola. Se ne ricava una atmosfera pulviscolare e silente, che riecheggia il mondo formale del ‘primitivo’ Francalancia, con maggiore predilezione per un disegno lontano da citazioni giottesche, ed assai più vicino al cromatismo cinematografico di un sintetico ‘cartoon’ .
Il paesaggio romano come scenario di cartone animato arricchisce così il capitolo novecentesco della pittura che si è dedicata alla città, tingendola negli impasti postimpressionisti, collegata al purismo neoclassico e tonale, al lirismo espressionista, all’arabesco futurista, ai modi del verismo in tutte le sue varianti, dalle social-neorealiste a quelle di un naturalismo paesista.

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Scorre, nella pittura di Finelli, una sicura memoria estetica della ’scuola romana’ in tutte le sue varianti: c’è la eco di Donghi, Melli, Bertoletti e Pasquarosa, come quella di Trombadori, Capogrossi, Mafai, Omiccioli e Tamburi.
In questo squillare armonizzato di colori in uno spazio vuoto, contornato di architetture e di parchi alberati, dove arterie urbane tracciano le linee guida di un percorso immaginario e al tempo stesso puntualmente topografico, si manifesta la ‘Roma ideale’ di Antonio Finelli : una ricorrente linea immaginativa che sarebbe piaciuta a Cardarelli e Giorgio Vigolo, come anche ad Antonio Respighi e a tutti coloro che con i mezzi taumaturgici della pittura hanno saputo trasfigurare la placida e accogliente luminosità di Roma in una simbolica e metaforica ‘città dell’anima’ .

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