Nell’acqua del lago di Bracciano, limacciosa e densa di segreti, si specchia l’immagine di Gaia, bambina inquieta. La sua è una famiglia bizzarra: Antonia, “madre coraggio”, guida la casa con pugno di ferro, impermeabile al quieto vivere ha un codice morale integerrimo; Massimo, il padre, costretto da una caduta sul lavoro su una sedia a rotelle, trascina un’esistenza opaca; il fratellastro Mariano, impetuoso e irragionevole come la madre, si mette perennemente nei guai e infine i gemelli più piccoli, cuccioli che inconsapevoli seguono il branco.
Costretta ad abbandonare Roma, la famiglia, poverissima, trova un alloggio precario nel piccolo paese di Anguillara Sabazia; in casa ogni comodità è bandita, la TV non si sa cosa sia, non si celebra il Natale né altra festa comandata. L’unico punto fermo che Antonia impone alla figlia è di farsi un’istruzione, studiare e aspirare a un futuro migliore del suo. Gaia – nome che è in antitesi rispetto al carattere ombroso della ragazzina, si piega al volere materno e ce la mette tutta: ogni giorno sale su un treno regionale per andare a scuola, si impone di leggere libri che non capisce e studia sino allo sfinimento, arrivando più in là negli anni a primeggiare su studenti con un back-ground molto più elevato del suo.
“L’acqua del lago non è mai dolce” di Giulia Caminito (classe 1988) è un romanzo di formazione che sfugge a qualsiasi compiacimento o tenerezza nei confronti dell’infanzia e dell’adolescenza. Gaia – capelli rossi, orecchie grandi, lentiggini, magra e appuntita – è un personaggio scomodo, spesso odioso nell’affrontare amicizie, amori, successi e sconfitte, alla ricerca di qualcosa che lei stessa non sa cosa sia. La disciplina che si è imposta, una madre inflessibile da cui non riesce a scappare, l’aggrapparsi alle cose inutili – l’enorme orso rosa di pelouche vinto al tirassegno – e nel contempo il soffocare ogni empatia nei confronti degli altri per paura di soffrire, la rendono abulica ai sentimenti.
La Caminito accompagna le vicende di Gaia, dei suoi famigliari e dei suoi amici con una scrittura ricercata ma non artificiosa: lunghi elenchi di parole per descrivere luoghi e sensazioni, uno stile di sapore antico eppure modernissimo.
Un romanzo amaro, senza sconti, a tratti crudele, in cui il malessere esistenziale annega in uno specchio d’acqua dolce.
“L’acqua del lago non è mai dolce” di Giulia Caminito (classe 1988) è un romanzo di formazione che sfugge a qualsiasi compiacimento o tenerezza nei confronti dell’infanzia e dell’adolescenza. Gaia – capelli rossi, orecchie grandi, lentiggini, magra e appuntita – è un personaggio scomodo, spesso odioso nell’affrontare amicizie, amori, successi e sconfitte, alla ricerca di qualcosa che lei stessa non sa cosa sia. La disciplina che si è imposta, una madre inflessibile da cui non riesce a scappare, l’aggrapparsi alle cose inutili – l’enorme orso rosa di pelouche vinto al tirassegno – e nel contempo il soffocare ogni empatia nei confronti degli altri per paura di soffrire, la rendono abulica ai sentimenti.
La Caminito accompagna le vicende di Gaia, dei suoi famigliari e dei suoi amici con una scrittura ricercata ma non artificiosa: lunghi elenchi di parole per descrivere luoghi e sensazioni, uno stile di sapore antico eppure modernissimo.
Un romanzo amaro, senza sconti, a tratti crudele, in cui il malessere esistenziale annega in uno specchio d’acqua dolce.
L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito – Bompiani – 2021 – Candidato al Premio Strega