SULL'AMAZZONE / iacobelli editore

L’AMAZZONE E LA POETA

Nella Parigi tra le due guerre brillava Natalie Clifford Barney, detta l’amazzone, un’alta, bella, bionda, ricchissima, superficiale, persino estremamente longeva, americana trasferitasi in Francia per fondarvi un grande salotto intellettuale, frequentato dalla crema dell’epoca e potente nell’ambiente letterario. Produttrice di graziosi aforismi eleganti e cinici. Lesbica con sfarzo, fortuna e esibizione.
Marina Cvetaeva, invece, era una esule dalla Rivoluzione d’Ottobre, bruttina, nasona, immagino anche bassetta, russa, povera in canna. Incerta se amare donne o uomini, perseguitata dalla sfortuna. Una vita impossibile condita dalla morte del marito e del figlio maschio nella feroce Russia d’allora, e coronata dal suicidio per impiccagione, a 49 anni, nella piccola isba di uno sperduto villaggio. Ma gigantesca nell’Olimpo della poesia.
Come può esser finito l’incontro fra le due? In una clamorosa, grottesca sconfitta di Cvetaeva, disgraziata portatrice di genialità.
In questo sottile libretto, curato, introdotto e infine concluso da una approfondita riflessione di Valeria Viganò, profonda scrittrice nostra contemporanea, nasce e si svolge un confronto, a distanza, fra le due donne. Delle quali la ricca e famosa era riuscita persino a perdere, con perfida distrazione, il manoscritto delle meravigliose poesie che la seconda le aveva, con tremito e speranza, affidato.
Due fatti sono chiari da notare: il profondo disgusto che Barney provava per la maternità, e la grande passione per la stessa, che invece Marina sentiva e difendeva nel suo scritto con ogni forza. Oggi, che per due donne esser madri insieme è diventato possibile, e con il progredire dell’ingegneria genetica si potrà anche avere una figlia con due madri, senza bisogno di nessun padre, né sperma, né cromosoma Y, la questione svanisce nell’ipotetico. Le lesbiche che vorranno essere madri potranno, e quelle che non vogliono potranno continuare così.
Eppure c’è una profonda affinità che unisce le due dispari combattenti: le luminose parole che ognuna delle due dedica all’amore fra donne. Un amore senza pari sulla terra. Irraggiungibile e sempre perfetto. Mistico, eppure l’unico tipo di amore perfettamente carnale che agli esseri umani sia dato vivere. Scrivendo d’amore lesbico Natalie diventa quasi una vera scrittrice, e Marina tocca le proprie sublimi vette. Per persone eterosessuali o maschi gay c’è da schiattare d’invidia. In mezzo alle carni delle amanti scorre la potenza divina – della Dea, s’intende.
L’intelligente progetto accosta e unisce le due protagoniste con precisione e cultura, credo anche con affetto. E qui voglio concludere con le magiche parole che Valeria dedica al testo di Marina, “Lettera all’amazzone”. «Chiusi immediatamente le pagine, stordita dalla sua bellezza e senza fiato. Le sue parole erano sigillate, impresse, le avevo imparate a memoria. Ma come si impara a memoria una condanna per una colpa non commessa. Ciò su cui rifletteva lei, si rifletteva nella mia vita». Grazie Valeria, di averci aperto questo doloroso e prezioso cofanetto. Per noi, lettori, uomini e donne, etero e non, gay o lesbiche o di ogni altra infinita possibile sfumatura, fra ogni estremo cui il nostro destino leghi, sarà una porta spalancata, un viatico di saperi assoluti. Un incontro con una luce insostenibile. Una esperienza che ci cambia per sempre, per quanto la nostra vita quotidiana scorra in lontananza da queste tre inimitabili donne.
Iacobelli editore, 97 pagine, 12 euro.

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