A testa in giù.
A Buenos Aires ogni bagno ha la sua storia. C’è quello dove si può fare una doccia calda solo lasciando aperta l’acqua fredda del bidet. Quello in cui lo sciacquone funziona con due colpi brevi e uno lungo (punto punto linea) e quello dove il suddetto sciacquone si ricarica con un toc toc sulla cassetta. Si vocifera persino di rubinetti da cui continua a uscire acqua se la manopola viene chiusa fino in fondo, mentre il getto si ferma se si gira fino a metà. Molto più modestamente, il mio bagno ha un tubo che perde e, anziché sigillare il buco con il silicone, mettiamo un secchio sotto al lavabo. Perché qui, a Buenos Aires, ogni arreglo è sempre precario.
Si dice che rifletta una caratteristica del fenotipo porteño, che vive alla giornata, senza fare programmi. Secondo me c’è anche altro.
L’ho capito dalla porta della mia camera da letto, dove una delle viti della maniglia non sta su.
Letteralmente. Laura, la mia coinquilina e memoria storica della casa, mi ha raccontato dei mille tentativi fatti in tal senso, e tutti vani. Nel giro di due giorni, per l’azione rotatoria che costituisce l’essenza stessa della “maniglità”, la vite cade. Un filo di ferro serve egregiamente alla bisogna, come documentato dalla foto. Sublime: la riparazione che dovrebbe essere definitiva si rivela precaria e l’arreglo provvisorio si fa permanente. Questa è letteratura, questo è Borges! Un uomo mi aveva promesso di sistemarla una volta per tutte, ma era provvisorio pure lui. Non c’è da stupirsi, qui viviamo tutti a testa in giù.