Argini a Torino

La ragazza di Torino conosceva l’alfabeto degli argini.
Si stava laureando al Politecnico con una tesi sui Murazzi.
La ragazza di Torino costruiva argini attorno a sé. In difesa passiva contro il mondo, gli uomini e le fregature. Si nascondeva tra le stradine di Nizza Millefonti per non farsi notare.
Seguiva la corrente attenta alle esondazioni e ai cedimenti strutturali. Il periodo della laurea arrivò tra piacere e confusione. Era stanca di studiare, aspettava il momento in cui avrebbe avuto tempo per fare tutto, che poi forse è solo tempo per non fare nulla.
Un formicolio al labbro inferiore. Vertigini improvvise. Scariche elettriche alla spina dorsale.
Il giorno della discussione della tesi ebbe difficoltà, come mai, di trasformare i pensieri in parole. Quando firmò le cadde due volte la penna da mano.
Si compirono il suo obiettivo e il destino.
La ragazza di Torino si trovò ad affrontare gli argini che la vita le imponeva.
Era un topo in trappola. Sbatteva la coda e i pensieri. Il pensiero più violento le inondava gli occhi: l’ansia del mai più.
Correre, saltare, divertirsi, abbracciare, fare l’amore.
Crisi epilettiche. Visioni doppie. Perdita dell’equilibrio.
La malattia la stava erodendo come un argine costruito male.
Straripò.
Iniziò a organizzare le sue fughe da ferma. Si infrangeva contro i murazzi del destino, i marciapiedi e le gambe degli indifferenti. Pose sullo stesso livello le cicatrici nel cervello e quelle sul cuore.
Fu in cima alla Torre Eiffel che cominciò a riempirsi d’aria e di vita, quando suo fratello le disse «Qui le vertigini ce le abbiamo tutti, non solo tu!». La ragazza di Torino si mise a ridere come non faceva da mesi. Una nuova visione esplose dentro di lei. L’equilibrio è solo un fatto mentale.
Prese a tirare di scherma a Villa Glicini e lesse tutti i libri che si erano accumulati sul comodino. Fondò un gruppo per i ragazzi che volevano acquisire altre abilità.
La ragazza di Torino scoprì che gli argini servono a tenere il fiume vivo.
Nel momento più duro della malattia si sentì viva.
In perfetto equilibrio tra se stessa e i suoi limiti.

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