L’aria di Milano

Falso è che a Milano manchi il mare: non è nelle morte vestigia dell’Idroscalo né nelle allegre rive della nuova darsena, ma nel suo ritmo, nel fluire senza posa di genti, capitali, produzioni, abitudini. Nella nascita di nuovi centri oltre al cuore della cerchia dei Navigli.
Milano assorbe e risplasma, come il mare, non è mai la stessa, senza tradire l’identità dei suoi simboli. Pur se alcuni li ha venduti. E della sua cifra stilistica: “non ha nemmeno preso l’aria di Milano”, diceva caustico il nonno di un parente che aveva frequentato per un poco la locale università. .
L’aria che fa detestare gli orpelli, azzardare un tocco eccentrico nella sobrietà. L’aria per cui – come le cuoche valenti – riesci a combinare in armonia anche quattro stracci
Milano e la sua sky line, Milano quando la sorprende il phoen, il color girasole dei suoi tram.
La città romana, l’incrocio delle Cinque Vie – lì ho fatto in tempo a vedere signore sostare – ciabatte ai piedi – pensandole, nel mio candore provinciale, addette alle pulizie degli uffici: erano attempate peripatetiche.
Nostalgia dei riti: “La Rinascente”, non ancora tempio del lusso, “Fiorucci”, la colazione da “Marchesi”, l’aperitivo dal “Cucchi”, i salatini del “Cova”, i pranzi alla “Brisa”e alla “Milanese” dove, tra “mondeghili” e zabaione caldo, si incrociavano spesso Lalla Romano e il suo giovane, amorevole compagno.
I caldarrostai, i banchi dei fiori a Cordusio, le bontà di Peck e di Faravelli, le botteghe che cedevano il passo a banche e anonimi colossi e quelle tenaci, come il cappellaio di Via Piatti. Poi il rinascimento dell’alto artigianato e le nuove insegne degli immigrati tuttofare.
Milano è una fenice e una madre, senza smancerie, che fa rigar dritti e vuole il massimo, capace di inattesi slanci, maestra per chi sa vedere, leggere la bellezza anche nelle periferie multietniche dei centri commerciali, catturando le tracce viscontiane della banlieue postoperaia e di quella che sconfina nella campagna, là dove la metro affiora.
Milano avanti a tutti per vocazione, la schizofrenia dei cappotti a maggio e degli addobbi natalizi al ritorno delle vacanze, allena il cervello e ruba il sonno.
Io che ti ho scelta e persa ho per te il vero rimpianto: anche di ciò che non avevo amato.

Piazza Duomo 1979 - Foto di Giovanna Nuvoletti
Piazza Duomo 1979 – Foto di Giovanna Nuvoletti

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