L’ascensore


L’ascensore si apre. Entriamo.

Si chiude. Subito. Ancora pochi minuti.
Lo so.
Tu. Quello di ieri. I tuoi occhi, la tua voce.
E’ finita. Com’è iniziata.
Il tempo di salire otto piani.
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei sette, otto.
Senza parlare.
Poi te ne andrai.
Cammino verso la stanza. I tuoi passi insieme ai miei.
Veloci.
Dottori, infermieri, pazienti, odore di disinfettante.
L’infermiera carina mi sorride. Come ieri.
Solo che oggi il cielo si è capovolto.
Come quando muori. E tutto continua,
accecante e crudele come le abitudini.
La stanza è in fondo al corridoio.
Lo stesso di quando mi hai portata qui.
Passi. Quanti passi? Quanti secondi?
E poi te ne andrai. E io restero’.
Non sta succedendo. Non puo’ succedere.
Ora mi sorriderai.
Non mi hai salvata per uccidermi. Vero?
Non stai prendendo il cappotto.
Non mi stai baciando sulla fronte.
Veloce.Senza esitare.
Non stai uscendo dalla porta.
Con quel sorriso intelligente e malinconico.
Sadico.
Che non riesci a trattenere.
Poi è solo buio.

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