Lasciatemi stare, lasciatemi così stasera, con il capo chiuso tra le braccia, sul tavolo di cucina, come ai vecchi tempi dopo un abbondante pasto.
Crollavo sazia di cibo e di sonno. In famiglia dopo aver pranzato, dormivamo spesso così.
Ci si riposava un attimo, sulla tovaglia unta di sugo, in mezzo alle briciole del pane.
Il sonno diventava poi, più profondo, se accompagnato dai passi frettolosi di mia nonna che affaccendata e priva di ogni attenzione, sparecchiava la tavola, incurante anche del gatto, che le stava attorno, con il rischio di essere pestato ripetutamente sulle quattro zampe.
L’acqua fredda del rubinetto che scorreva incessantemente, il rumore sordo dei piatti di ceramica risciacquati, sistemati uno sull’altro, battuti tra di loro .
Poi il fischio della moka Bialetti che ordinava a mia nonna la chiamata del figlio al risveglio :
<Raffaele, Raffaele c’è il caffè>
Sembravamo tutti zombi. Lentamente sollevavamo la testa e stropicciando gli occhi rispondevamo : si, si..
Ma stasera lasciatemi così, chiusa tra le mie braccia, sul tavolo di cucina,
non ho cenato, non voglio cenare, voglio solo nascondermi e coccolarmi in un triste ricordo che mi sazia.
Le braccia bagnate da qualche lacrima che non riesco a trattenere, verrà domani a riprendermi, l’attendo.