La madre è il leone
che infrange a unghiate
la cupola dell’infanzia.
Sapere è bucare la luce
aprire varchi d’ombra.
Questi pezzi disseminati
sono l’ultima misura del danno.
Laura Liberale letta da Anna Toscano
La poesia di Laura Liberale è una poesia corpo, un poesia cioè fatta di “pezzi disseminati” – mani, ventre, denti, cranio, piedi, gambe, pube, cuore, fianchi, braccio, ventre, occhi, gola, orecchio ecc – nei versi a costituire, lirica dopo lirica, l’intero libro come un intero corpo. “La disponibilità della nostra carne” è la disponibilità al cedere, al cadere, al frantumare, perché solo così è possibile la vivisezione e l’osservazione dell’io in ogni suo minuscolo dettaglio. Se il fuori è lo scempio, se il tutto è uno scempio, “[…] Non ci riconosciamo, ti diranno / non crescono specchi nel nostro prato”, allora è l’infinitesimale di noi che ha diritto alla parola, all’esistenza, al verbo. Una parola che si fa collante, “parole contro la dissipazione”, e al contempo anche trasmissione, circolo del sangue, fluido che mette in comunicazione. Liberale deflagra il corpo che diventa pezzi, solo la carne irrora e congiunge attraverso la parola che ricostruisce e restituisce. Non importa che il corpo sia vivente, il corpo è qualsiasi cosa che sia stata involucro di un’anima. All’“ultima misura del danno” fa fronte la parola contro la dissipazione, la carne del ricordo perché “aggiogare la parola è quel che resta” affinché il corpo viva.
Laura Liberale, La disponibilità della nostra carne, Oèdipus, Salerno, 2017