È così: una carogna del web al mattino si alza e si domanda: «Che posso pubblicare di schifido oggi? Una catena di sant’Antonio, una calunnia lurida su un innocente, una notizia falsa che riempia di astio i miei polli? Che spinga le mamme a non vaccinare i bambini, che convinca le donne che la mammografia adesso costa un sacco di soldi? Chi accuso, chi avveleno, chi distorco di bello oggi?» E ghigna e si lima gli artigli fischiettando. No, egli non compie il male per il male: ha sempre chiaro in mente un obiettivo, pecuniario, di potere o politico. Materialissimo. Suo. Sa che siamo scemi. Avidi di astratte certezze. Che adoriamo ingollare bufale, corna e coda comprese, perché possiamo ragionare solo col colon, con le budella e la bile. Sa, o crede di sapere, che odiamo logica, razionalità e buonsenso, e ci ammappalliamo con goduria in controsensi, aporie, affermazioni che si contraddicono da sé, e soprattutto in semplici, splendide, idiote bugie grosse come pachidermi fucsia a pallini fosforescenti, purché siano cariche di emozioni incontenibili e sbavanti ─ tra la fasulla bontà smielosata e l’odio aperto. Sììììì, tuffiamoci nella pupù! Ci viene fornita a secchiate, a vagoni, a vulcani. Da facce di bronzo convinte che siamo una massa di deficienti, persino più cattivi che stupidi. Convinte che, anche nei casi migliori, col cavolo che controlliamo le fonti delle turgide megapalle che poi ricondividiamo sui social network, noi vogliamo crederci, leggiamo poco e confrontiamo niente. Clìc, e la stronzata è subito inviata su Twitter o su Facebook.
Questa sul controllare fonti la scrivo a malavoglia, perché un paio di volte è accaduto anche a me di condividere, come fossero novità stringenti e verità assolute, notizie di anni fa, indignazioni su immagini costruite al computer, grandi scoperte inventate. Beh, ma anch’io sono umana. Quindi, scema. Polla. Con tracce di malignità al fondo.