Le due facce della solitudine

Quando sei forzatamente da solo molte ore al giorno, ti accorgi di quanto spazio hai dedicato agli altri e quanto poco a te stesso. Hai il rammarico di aver sottratto ore preziose all’arricchimento della tua anima, senza il contatto, lo stimolo della presenza di chi avrebbe potuto riempirti l’esistenza. Pensi agli affetti perduti precocemente, ingiustamente e ti senti colpevole di sopravvivere a chi amavi, che avrebbe dovuto vivere più a lungo di te e a cui forse non hai dimostrato abbastanza l’amore che provavi.
Cerchi di dedicarti alla lettura, alla scrittura, alla pittura per riempire il vuoto di attenzione, di affetti non espressi se non superficialmente non come avresti voluto.
Il bisogno di dare è più forte di quello di ricevere, ma col passare del tempo, quando non ti senti più tanto indispensabile, si affievolisce e un po’ di sano egoismo reclama di soddisfare il desiderio di avere quello che hai sempre rimandato con fatiche e rinunce.
Poi viene l’età della stanchezza e ti trova impreparato ad affrontare i problemi dell’età che avanza, la mancanza di energia e di gioia di vivere, che avevi quando non potevi godere appieno di ciò che avresti voluto.
L’invidia verso chi ha avuto il coraggio di non rinunciare a sé stesso e si è preso la parte migliore affiora dentro di te, mentre ti rendi conto di aver lasciato andare occasioni di valorizzarti, di migliorarti con l’errata convinzione di poter rimandare a domani quello che invece deve essere vissuto al presente.
La depressione nasce da questo senso di inferiorità, di mediocrità verso gli altri e ti rinchiudi nel tuo mondo sempre più stretto, sempre più buio, senza trovare la forza di credere di essere ancora in tempo per scrollarti di dosso l’oppressione e l’inerzia che ti paralizza.
Diventi intollerante, insofferente e l’insoddisfazione avvelena e spegne i sentimenti, anche quelli più forti. Non ci sono parole per descrivere l’angoscia che ti assale: pensieri negativi disturbano continuamente la tua mente afflitta da pesi che non dovresti fare tuoi e che non riesci a scrollarti di dosso.
Le giornate passano una sull’altra uguali e spente, ti manca l’entusiasmo di ricominciare o di intraprendere qualcosa di nuovo che ti dia sollievo e speranza. Ti viene meno la luce del sole, il profumo dei fiori, il colore del cielo che guardi senza vederlo.
Quando la piena dell’autocommiserazione ti travolge e mortifica, ti senti ancora più infelice perché ti senti una vittima. Ma di chi? Solo di te stesso. E allora solo un improvviso scoppio di pianto dirotto e liberatorio allevia la tensione che ti stringe il petto e il dolore sgorga insieme alle lacrime salate, calde, amare e solitarie.

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