Audrey e Manu, con l’aiuto di Hélène, dirigono un centro diurno per donne disadattate senza fissa dimora: giovani, anziane, francesi, di origine araba o africana, tutte legate da un presente di miseria. Ciascuna di loro si è scelta un soprannome: da Lady D. a Beyoncé, da Catherine Deneuve a Edith Piaf e, al di là di piccoli screzi e incomprensioni, hanno trovato un modo per stare insieme. I problemi, già enormi, per il loro reinserimento nella società si aggravano quando, per motivi economici, il centro di accoglienza si appresta a chiudere e le responsabili hanno solo 3 mesi per tentare un estremo recupero.
Lo scrittore e regista francese Louis-Julien Petit, ispirandosi al libro di Claire Lajeunie (Sur la route des invisibles-Femmes sur la rue), dirige un film a metà tra denuncia sociale e commedia, senza però mai scadere nel moralismo. Protagoniste assolute sono loro, le donne, quelle che cercano rifugio e quelle che il rifugio lo offrono. Volti di donne comuni, segnati dalle privazioni, senza denti, goffe, sgraziate, sporche e disperate che quasi rinascono con un tubetto di dentifricio e una saponetta in mano. Anche le altre, quelle che accolgono, non hanno tempo da perdere per il parrucchiere o per lo shopping. La loro è una lotta contro il tempo per ridare un senso a vite che appaiono irrecuperabili, a presenze Invisibili di cui nessuno si interessa. Tra Loach, i fratelli Dardenne e Stephen Frears, il giovane regista francese (34 anni) riesce nell’impresa di indagare un fenomeno sociale, quello dell’emarginazione e della povertà al femminile, prendendo proprio dalla strada la maggior parte delle interpreti, che recitano se stesse e le loro vite ai margini della società.
Bravissime Audrey Lamy, Corinne Masiero e Noémie Lvovsky nelle parti non facili delle tre “educatrici”. Un film esplosivo, in cui si ride e ci si commuove, e si balla, anche, al ritmo di musiche trascinanti. “Ho passato un anno a frequentare i centri di accoglienza – racconta Petit – e quando ho iniziato le riprese, ho visto a poco a poco lo sguardo delle ospiti illuminarsi, le ho viste alzare la testa, ridere, raccontarsi”. Alzare la testa, appunto, in un recupero, quasi impensabile, di dignità umana e sociale.
Lo scrittore e regista francese Louis-Julien Petit, ispirandosi al libro di Claire Lajeunie (Sur la route des invisibles-Femmes sur la rue), dirige un film a metà tra denuncia sociale e commedia, senza però mai scadere nel moralismo. Protagoniste assolute sono loro, le donne, quelle che cercano rifugio e quelle che il rifugio lo offrono. Volti di donne comuni, segnati dalle privazioni, senza denti, goffe, sgraziate, sporche e disperate che quasi rinascono con un tubetto di dentifricio e una saponetta in mano. Anche le altre, quelle che accolgono, non hanno tempo da perdere per il parrucchiere o per lo shopping. La loro è una lotta contro il tempo per ridare un senso a vite che appaiono irrecuperabili, a presenze Invisibili di cui nessuno si interessa. Tra Loach, i fratelli Dardenne e Stephen Frears, il giovane regista francese (34 anni) riesce nell’impresa di indagare un fenomeno sociale, quello dell’emarginazione e della povertà al femminile, prendendo proprio dalla strada la maggior parte delle interpreti, che recitano se stesse e le loro vite ai margini della società.
Bravissime Audrey Lamy, Corinne Masiero e Noémie Lvovsky nelle parti non facili delle tre “educatrici”. Un film esplosivo, in cui si ride e ci si commuove, e si balla, anche, al ritmo di musiche trascinanti. “Ho passato un anno a frequentare i centri di accoglienza – racconta Petit – e quando ho iniziato le riprese, ho visto a poco a poco lo sguardo delle ospiti illuminarsi, le ho viste alzare la testa, ridere, raccontarsi”. Alzare la testa, appunto, in un recupero, quasi impensabile, di dignità umana e sociale.