Sono ogni anno di più, le mariecristine. Non perché figlino troppo: hanno circa due figli a testa, di cui una è sempre una mariacristina. Oppure lo diventerà.
Ma s’aggiungono ogni anno cugine mariecristine, amiche mariecristine, amiche delle amiche mariecristine. E a volte anche vicine d’ombrellone si trasformano in mariecristine, perché è una cosa genetica ma anche virale, innata ma anche imitativa, biologica ma anche culturale. Si nasce, mariecristine, ma anche si diventa. Spesso tutti e due.
Le mariecristine anzitutto si chiamano Mariacristina, Mariavittoria, Mariateresa, Mariagabriella, Mariagiovanna. Non si chiamano mai Mariapia, Mariagrazia, Marialuisa.
Le mariecristine sono vestite da mariecristine: con caftani di garza incrostati di stalattiti e stalagmiti, magliettine da tennis e vela, sottovesti di pizzo o cotonine a nido d’ape o forse di vespa. Sotto, portano costumi laminati incastonati da profilati d’alluminio, gioielli romanobarbarici, denti di squalo. Sopra, portano borse gigantesche, di plastica pop, o paglia intrecciata a forma di fienile, oppure pelle di armadillo verniciata di rosso con oblò da veliero e portacellulare in nabuk tirolese.
Le mariecristine sono state in crociera, e continuano a parlare del ponte di sopra e di sotto, e della piscina salata. A mare non si bagnano mai perché il bagnasciuga è sassoso, l’acqua fredda, i bagnini irriverenti. Però si piazzano a cinquanta centimetri dall’acqua e richiamano i figli con lunghe strida di capodoglio offeso oppure orca morente. I figli le ignorano e continuano a tirarsi pietre di fondale, meduse morte, coltelli da sub.
Le mariecristine non prendono il sole, perché tanto si sono già fatte le lampade fin da aprile, e sono tutte marroni scure. Le mariecristine profumano di cocco, sali del marcaspio, alghe norvegesi, Chanel numero cinque.
Le mariecristine non mangiano, ma producono tonnellate di insalata di riso scondita, panini con la bresaola appassita, macedonie di pera triste.
Le mariecristine fumano molto, soprattutto sigarette sottili che spengono nella sabbia e lasciano lì, macchiate di rossetto. Alla fine di agosto ci sono più cicche di mariecristine che sassi, nel mediterraneo.
Le mariecristine hanno bracciali, collane, orecchini da guerra. Amano i cerchi d’argento di trenta centimetri di diametro, oppure i gioielli di famiglia d’oro cesellato a forma di tempietto barocco. Portano pure cavigliere piene di sonagli, e quando passano fanno rumore d’una processione di monatti. Le mariecristine amano molto gli ambulanti della spiaggia, e li ospitano spesso sotto i loro ombrelloni e passano ore e ore a guardare le collane e gli orecchini, a provare gli anelli sollevando la mano e mostrandola alla mariacristina accanto, che ogni volta annuisce scuotendo la criniera ed emettendo un caratteristico leggero barrito. Ma poi quando devono comprare cominciano a piagnucolare dicendo che non hanno soldi e il marito s’arrabbia e se possono pagare in trenta rate da venti centesimi.
Le mariecristine non leggono, non ascoltano musica, non guardano il mare. Si guardano tra loro, accostando le teste mesciate, e parlano di mariti e malcontento e altre mariecristine di altre spiagge.
I mariti delle mariecristine sono uomini annoiati con bragoni fino al ginocchio e orologi fantasmagorici che si collegano ai satelliti e cercano da soli i negozi online e le relazioni adulterine. Sono calvi, di solito, con brevi pizzetti e pelo rado sul petto. Sono molto avvocati, o molto bancari.
I mariti delle mariecristine vengono solo nei fine settimana, e le mariecristine dicono: “Ragazzi, c’è papà oggi”, e i ragazzi le ignorano e continuano a tirarsi pietre di fondale, meduse morte, coltelli da sub. Poi le mariecristine distribuiscono l’insalata di riso e si sdraiano sul lettino, stanchissime.
E’ un duro lavoro, essere mariecristine, ma qualcuno deve pur farlo.