Isaac B. Singer è un uomo dalle molte vite.
La prima è quella cominciata il 14 luglio 1904 in un paesino vicino Varsavia e conclusasi nel 1935, allorché Isaac, per sfuggire alla persecuzione nazista, abbandona il figlio Israel e la moglie Runia e si trasferisce a New York.
Qui inizia la seconda vita, persa tra l’yiddish e l’inglese, tra il racconto della Torah (Talmud) e i racconti sui rabbini chassidici, tra gioia e rigore, amore e compassione, speranza e terrore.
Nella terza vita Singer diventa americano e comincia pure a farlo. Muore il fratello Israel, quello importante, il presidente del Congresso ebraico mondiale, ed Isaac ritrova l’altro Israel, il figlio che vive a Tel Aviv. Inizia a scrivere grandi romanzi, si abitua di più, a modo suo, all’inglese e, a suo modo, anglicizza la lingua della sua infanzia.
Nella sostanza, però, nulla cambia. Isaac continua a scrivere racconti di poche righe che poi mette insieme in un breve racconto o in un grande romanzo. Ogni pagina, in alcuni casi ogni riga scritta da Singer è già un romanzo e, allo stesso tempo, un piccolo trattato di umanologia, in cui l’uomo torna ad essere quello che è, non già il vertice della creazione, bensì il peggior trasgressore di tutte le specie. Tutti gli altri esseri viventi sono torturati e sterminati per procurare cibo e pellame all’uomo. “Per gli animali Treblinka dura in eterno”.
Così nella quarta vita diventa vegetariano, e gli piace credere che il Nobel gli sia stato attribuito per questa sua protesta contro la condotta del mondo. Singer converte la gioia e il rigore dello Chaddismo in dissenso contro l’energia nucleare, le carestie, la crudeltà sugli esseri viventi. E questo, da una parte, è un modo per liberarsi dal senso di colpa per il fatto di aver mangiato carne animale e, dall’altra, per liberarsi dal senso di colpa di essere un ebreo vivo, scampato al nazismo. In definitiva, aveva necessità di creare un antisemitismo tutto suo contro cui combattere. L’ebreo moderno, dice Singer, non può vivere senza antisemitismo. Se non esiste se lo deve inventare.
Dal 24 luglio 1991 (quando Singer morì a Miami) le vite di Isaac si moltiplicano incessantemente. Sono quelle dei suoi personaggi che, con la traduzione e la diffusione delle sue opere, emergono dall’oscurità dell’yiddish per divenire protagonisti universali della commedia umana. Come Gimpel l’idiota, che non crede di essere stupido. Anzi. O come il rabbino Bainish di Komarov che prima di morire mormorò: “Si dovrebbe essere sempre gioiosi”.