LE PERDURANZE FISIONOMICHE DEL SIGNOR K.

Ciò che di assertivo c’è nell’ordine può suscitare quiete e orrore.
A guardarsi, anche solo a immaginare di guardarsi, come quando si metteva in posa per un ritratto, il signor K. non riusciva a vedere nulla di bello, si stupiva perfino che qualcuno potesse trovare la sua faccia interessante.
Ai lati del naso lungo e sottile, gli occhi grandi erano incastonati a forza; le orecchie si aprivano in ali di cartilagine; il mento spariva sotto la ferita rimarginata in luogo della bocca. Tratti decisi e regolari suddividevano la faccia troppo piccola, il che dava all’insieme qualcosa di fanciullesco. Questa, la quiete.
Ma se il signor K. avesse messo in fila davanti a sé le fotografie di una vita intera si sarebbe accorto che solo l’abito cambiava. Questo, l’orrore – nessuna metamorfosi, malgrado il trascorrere del tempo, ad alterare la fisionomia.
Nel letto del sanatorio, a pochi passi da Vienna, ora il signor K. giaceva immobile, non riusciva più neanche a deglutire. Un insetto che tardava a morire e che nessuno aveva il coraggio di finire con un ultimo gesto di pietà: un colpo di scopa.

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