Stasera avevo tre uova in frigo e il solito parmigiano. Pensai a una frittata ma mi parve misera sola e da spartire.
Allora mi vinni in mente mia nonna Francesca, Commare Ciccina, sa benerica, che, con poco ma tanto quanto, saziava nipotine e nipotini affamati da un pomeriggio di giochi. Il ricordo è serale, chissà forse perché la cena si pensa più parca e veloce.
La nonna le chiamava ‘purpitte e ligno’ e da piccolini il nostro stupore era di trovare buonissimo il legno:-). Mi mandava a comprare le uova da una vicina, il primo percorso che io abbia mai fatto da sola, avrò avuto sei anni. Lei diceva che ero una bambina giudiziosa a che potevo andare e tornare per quei cinquanta metri in tutto, senza fare danni.
Mi metteva in mano un paio di monete che non ricordo proprio, ma un cono gelato costava dieci lire. Io partivo con un tovagliolo grande di cotone pesante, dove la vicina, che aveva il pollaio a fianco a so casuzza, c’avia i galline. Lei metteva le uova sporche in quel bianco, ne teneva tre alla volta e mai gliene vidi rompere una. Chiudeva il fagottino, prendeva i soldi, e me lo dava. Stando attenta a dove mettevo i piedi, che allora le pietre per terra non c’erano ancora, tornavo lenta a casa dei nonni.
Guardare nonnuzza usare le mani, qualsiasi cosa facesse, era vedere una poesia. Pulite, con una pezza bagnata e strizzata, le uova, che l’acqua non si poteva sprecare, le rompeva in una di quelle ciotole di argilla di Caltagirone che adesso trovi dagli antiquari. Una per ogni commensale e due per il piatto.
Cominciando a sbattere ci mittia sale pepe prezzemolo appena colto e tagliato fino fino, pecorino stagionato che una di noi, mia cugina maggiore, aveva grattugiato, e poi in quel voluttuoso profumato e schiumoso insieme aggiungeva a poco a poco il pane vecchio – pane che aveva fatto lei una volta alla settimana – triturato in una macchinetta, che usava solo il nonno che c’aveva ancora le mani forti abbastanza da girare la manovella infernale. Quello era il ‘legno’ e poche estati durò l’inganno ma sempre così le abbiamo chiamate ‘purpitte e ligno’.
Quando il composto cominciava ad addensarsi la nonna spariva nel bugigattolo dove c’era la stufa coi fornelli e si metteva a friggere e non era permesso entrare. Erano buonissime, sode e morbide e spesso le metteva nella salsa di pomodoro mentre bolliva lenta lenta ed esse si rigonfiavano e prendevano il sugo.
Quel ricordo ha guidato le mie mani stasera. Avevo tre uova, il parmigiano, il pangrattato buono. E una buona memoria
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