“Forse può stare anche nel cavo di una sola mano
quella forza oscura che tutti i cieli dei quali l’universo si ricorda
da sempre increspa e muove nell’eterno
con tale impulso e spinta e foga che nemmeno Dio che vorremmo onnipotente ha imparato nel tempo a contenere”.
Così dettava verso sera
dal letto spoglio
di una stanza quest’uomo vissuto nell’esilio
di un’intelligenza scandalosa.
Nella vita non aveva avuto pace
se non nell’infinito illuminato
di un retrobottega.
Molando nelle notti di lavoro
lenti e occhiali perché venissero in soccorso
ai molti cui la vista difettava,
sperava che anche gli spiriti più dotti
e quelli invece intolleranti finalmente potessero vedere
che l’uomo e il cielo sono con la terra,
gli animali la sostanza di una cosa sola refrattaria,
superiore a ogni destino personale.
Si era illuso che i sapienti di ogni scienza e religione
ammettessero gli errori del loro presuntuoso ragionare,
rinunciando all’intolleranza che le bestie umane rende ottuse e cieche
predicando sempre ai pochi amici, agli scarafaggi, alle margherite
ai topi della sperduta cella di tutta la sua vita
che la libertà dell’arrogante, oggetto della forza bruta
è solo un’illusione stupida e confusa della mente.
L’amico mio, filosofo e garzone di bottega
che aveva preferito accompagnare lo studio della scienza
al lavoro oscuro di piccolo artigiano
e non avere a che fare niente con la corruzione del potere,
non riuscì a chiosare sino in fondo il suo ultimo pensiero
rendendo in un solo fiato a quella che intendiamo come morte
la speranza della pace, della vita
e la sua infinita confidenza con l’amore.
Voleva, questo, si facesse coraggioso e forte,
davvero eterno sempre,
per l’adeguata conoscenza del vero mondo delle cose.
Mi piace pensarlo adesso continuare a trasformarsi
insieme al corso complicato del creato,
fluttuare in quell’acqua la cui fonte
genera tutto l’universo insieme ai fiori
ai muri, alle strade cittadine,
all’intrico dei canali dell’Olanda,
saperlo come un pesce intelligente,
senza squame finalmente.
Dal diario apocrifico di Jan Rieuwerstz, amico personale e confidente di Baruch Spinoza (Amsterdam, 1632 – L’Aia,1677). Rieuwerstz curò i suoi testi e i manoscritti pubblicando nell’anno stesso della morte la sua opera intera col titolo di Opera postuma.