Le ultime parole di Spinoza

 

“Forse può stare anche nel cavo di una sola mano

quella forza oscura che tutti i cieli dei quali l’universo si ricorda

da sempre increspa e muove nell’eterno

con tale impulso e spinta e foga che nemmeno Dio che vorremmo onnipotente ha imparato nel tempo a contenere”.

 

 

Così dettava verso sera

dal letto spoglio

di una stanza quest’uomo vissuto nell’esilio

di un’intelligenza scandalosa.

Nella vita non aveva avuto pace

se non nell’infinito illuminato

di un retrobottega.

Molando nelle notti di lavoro

lenti e occhiali perché venissero in soccorso

ai molti cui la vista difettava,

sperava che anche gli spiriti più dotti

e quelli invece intolleranti finalmente potessero vedere

che l’uomo e il cielo sono con la terra,

gli animali la sostanza di una cosa sola refrattaria,

superiore a ogni destino personale.

Si era illuso che i sapienti di ogni scienza e religione

ammettessero gli errori del loro presuntuoso ragionare,

rinunciando all’intolleranza che le bestie umane rende ottuse e cieche

predicando sempre ai pochi amici, agli scarafaggi, alle margherite

ai topi della sperduta cella di tutta la sua vita

che la libertà dell’arrogante, oggetto della forza bruta

è solo un’illusione stupida e confusa della mente.

L’amico mio, filosofo e garzone di bottega

che aveva preferito accompagnare lo studio della scienza

al lavoro oscuro di piccolo artigiano

e non avere a che fare niente con la corruzione del potere,

non riuscì a chiosare sino in fondo il suo ultimo pensiero

rendendo in un solo fiato a quella che intendiamo come morte

la speranza della pace, della vita

e la sua infinita confidenza con l’amore.

Voleva, questo, si facesse coraggioso e forte,

davvero eterno sempre,

per l’adeguata conoscenza del vero mondo delle cose.

Mi piace pensarlo adesso continuare a trasformarsi

insieme al corso complicato del creato,

fluttuare in quell’acqua la cui fonte

genera tutto l’universo insieme ai fiori

ai muri, alle strade cittadine,

all’intrico dei canali dell’Olanda,

saperlo come un pesce intelligente,

senza squame finalmente.

 

 

Dal diario apocrifico di Jan Rieuwerstz, amico personale e confidente di Baruch Spinoza (Amsterdam, 1632 – L’Aia,1677). Rieuwerstz curò i suoi testi e i manoscritti pubblicando nell’anno stesso della morte la sua opera intera col titolo di Opera postuma.

 

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