Mi chiamo Massimo
e sono un leopardo.
Ma non ho l’eleganza
di questo animale.
Sono curvo e sempre un po’ stanco
un po’ piccolino
e ho perso la coda
per sfuggire alle maestre di scuola
alle stanze chiuse più volte in un metro quadrato
tra banchi e stanghette di occhiali.
Mi prendono in giro gli amici
i compagni di classe.
Sono invidiosi dei temi che scrivo
e quando abbiamo studiato Leopardi
mi hanno messo il suo nome storpiato
al guinzaglio.
Poiché sono eternamente distratto
– ho due occhi astratti che guardano dentro
che cercano fuori
oltre le case, sin dentro i muri
oltre tegole e tetti che sfiorano il cielo
che toccano il mare –
mi rubano penne e matite
mi strappano i fogli che scrivo e disegno.
Forse è per questo
ho pensato da solo, in mezzo al mio intrico
di pensieri e di rami
che anche a casa
quando ritorno
mi trattano male, senza che mi chiami nessuno
col mio vero nome.