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L’equivoco della poesia

Oggi è la giornata mondiale della poesia. Perché? Perché non la giornata mondiale del teorema di Pitagora o della formula chimica dell’acqua? Che equivoco si nasconde dietro la poesia? Cos’è la poesia? Di sicuro non è “le poesie”. Benedetto Croce diceva che fino a diciotto anni tutti scrivono poesie, da quell’età in poi, chi continua a scriverne o è un poeta o è un cretino. Ma non è vero: ci sono anche poeti cretini. La poesia non c’entra con l’intelligenza. Nemmeno con il bene. Forse con il bello, ma anche questo è dubbio. La poesia è un linguaggio. Non rende migliori. Neanche peggiori. I poeti, quelli che scrivono poesia, non poesie, non sono né meglio né peggio degli altri. Grandi scimmie che hanno preso un passaggio dall’immaginazione. I poeti sono egoisti, gretti, indifferenti, violenti. E sono il contrario. I poeti sono falsi, pavidi, viziosi. Ma scrivono poesia. E attorno alla poesia c’è una superstizione. Non serve a nulla, ma si crede possa tutto. Che i poeti siano esseri divini, sciamani, sacerdoti. Idee da scimmia, pervertita da un pollice opponibile.

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