L’immondizia della Biennale

Ce n’è per tutti, alla Biennale Arte di Venezia. Chi ne ama l’arte, chi gli artisti, una buona percentuale ama guardare gli allestitori, alcuni pedinano i curatori, galleristi rimorchiati, rimorchi attesi per ore, chi va in delirio per i party, chi per i vernissage, gente che sviene ai buffet.

Molti ci passano accanto carichi come cammelli con innumerevoli sportine di tela appese alle spalle, cataloghi fino ai piedi, pass ciondolanti al collo, digitale in mano, navigatore agli auricolari, sorrisi e passo deciso. È bello il popolo di Biennale, è una invasione diversa e decorosa dalle consuete scorrerie selvagge in Laguna: persone per lo più civili, colorate, sorridenti, che si trascinano di calle in calle, di padiglione esterno in padiglione esterno, dai Giardini all’Arsenale e viceversa.

Ci piacciono questi gruppetti così instancabili, così ottimisti. Ci piacciono pure quelli di Biennale Architettura, anche se sono spesso tutti in nero o in bianco, con la stessa energia di chi si infervora ancora per l’ultima moda artistica.

A noi che piace la Biennale piace persino la sua immondizia. No, no, non intendiamo che l’arte sia immondizia, per carità! Vogliamo dire che ci piace guardare, nelle notti degli allestimenti, le grandi quantità di monnezza fuori da gallerie e fondazioni: pile di cartoni di pizza ─ si sa, allestire tutta la notte mica è facile? ─ quintali di scatoloni, cellophane, pluriball, polistirolo. Ma guarda, quest’anno l’Azerbaijan dovrebbe avere dei video dagli involucri LG che ha buttato fuori, il Portogallo invece immagini fisse perché è pieno, in salizada, di supporti per cornici. Il packaging man mano cambia nei giorni, sostituito nelle calli dai post-buffet: lattine di olive da 10 kg giacciono esauste una sull’altra, casse di bottiglie di vetro vuote, un’infilata di sacchi maleodoranti e gocciolanti.

All’alba calici sonnolenti campeggiano sopra totem pubblicitari, alcune bottiglie solitarie sui davanzali delle finestre, un tacco di scarpa qui e lì incastrato tra i masegni, sciarpine dimenticate sulle panchine; qualcuno ha vomitato, tracce di sesso consumato sui gradi delle case. Sono già le otto del mattino, il pellegrinaggio artistico chiama e il popolo della Biennale è nuovamente in marcia.

 

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