Hai parcheggiato nel cortile di casa, fronte garage. Nella rimessa
hai un meraviglioso rubinetto cui fissare il tubo di gomma
acquistato alla ferramenta. Sei armato fino ai denti: infradito e
bermuda, secchio, detergente delicato per carrozzerie sensibili,
spugna naturale formato gigante, tergivetro professionale, panno di
daino, cera per le finiture. Conti, infine, su ettolitri di
potenziale olio di gomito pronto all’uso, certo che Mister Pulito,
al confronto, parrebbe la benemerita Luisa, quella che arrivava
tardi, andava via presto e non puliva il water.
Insaponi, spazzoli, strigli, sciacqui, asciughi e lustri come
fossero gli ultimi gesti che ti apparterranno da vivo; poi,
finalmente, la tua bella scintilla, senza un solo alone sugli
specchietti, né chiazze di resina sul tettuccio. E il parabrezza,
vogliamo parlarne? È talmente lindo da sembrare inesistente.
Verrebbe quasi voglia di infilarci un braccio, per verificare sia
ancora lì.
Questa volta, quando spegnerai il motore nel suo vialetto, zia Norma
non potrà allestire e portare a spasso la solita lagna, manco fosse
lo strascico dell’abito nuziale: «Mi hai posteggiato di nuovo, di
fronte a casa, quella putrida carcassa di latta?»
La tua berlina è più monda e brillante della sua migliore
argenteria. È perfetta, inattaccabile, quasi sfacciata nel suo
candore. Ma tu, come di consueto, vuoi strafare: «Prima di andare
dalla Sergentessa mi fermo un secondo in pasticceria, così la stendo
a suon di bignè e diplomatiche». Spendi un capitale, ma ne varrà la
pena, ne sei certo. Quando esci, l’involto tra le mani con tanto di
nastrino, la disgrazia si manifesta: la Maledizione Delle Due Gocce.
Si è abbattuta in un istante sui vetri, le guarnizioni, i fanali…
Non ci sono antidoti, né numi tutelari da pregare devotamente, né
teli impermeabili che tengano. E, tuo malgrado, sai che l’infausto
accidente, come qualsiasi altra piaga che si rispetti, è venuto
accompagnato. Vento, sabbia o checcavoloè, la tua macchina,
ricoperta da uno strato di zozzeria da record, è tornata la putrida
di sempre.
Parcheggerai nel vialetto, La Sergentessa ghignerà da dietro le
tende del salotto; a fine pranzo, mentre ingollerai un babà al rhum
per disperazione, saprai che zia Norma uscirà a far «due passi per
digerire».
Poi, quando sarà tempo di rincasare, raggiungerai il mesto veicolo
abbandonato nei pressi del cancello e lì, sul parabrezza che fu
inestistente, campeggerà il solito monito: “Lavami”. Scritto in
bella grafia, nitido, marziale, come solo un Maggiore saprebbe
Foto Giovanna Nuvoletti