L’OMINO VERDE

L’omino verde non è davvero verde, ma chi ha la ventura di imbattersi nel suo odio – spruzzato generosamente sul viso e sull’anima dei suoi sventurati interlocutori – lo vedrà via via farsi più verde della bile che lo imbibisce.
L’omino verde macchia di verde ogni cosa che sfiora, imputridendola del suo stesso marciume, non sopportando la bellezza altrui, termine di paragone insopportabile per la propria rivoltante corruzione.
L’omino verde mastica sempre. Mastica parole velenose, presupponenza infondata, prosopopea vanagloriosa, malevolenza insipiente. Mastica amaro, convinto della propria incompresa superiorità. Mastica e sputa sui presunti rivali-persecutori.
L’omino verde si nutre di rancore, lambisce chi crede utile e aggredisce chi pensa possa ridicolizzarlo, non comprendendo di rendersi ridicolo da solo.
L’omino verde è incapace di empatia, ne evita ogni trasporto, preso com’è dall’adorazione di se stesso, modello unico di perfezione. Comprendere le ragioni altrui sarebbe un’inutile perdita di tempo, accettare il confronto un incauto sminuirsi.
L’omino verde è sempre molto impegnato. Deve necessariamente esibire la propria presunta superiorità, preferibilmente umiliando gli altri. Cercare dove colpire per fare più male, peraltro, richiede tempo e cura.
L’omino verde verbalmente si insinua, si incunea, si infila, si intrufola, istiga, allude, sottintende, ventila con toni melliflui.
L’omino verde verbalmente percuote, bastona, ferisce, trafigge, danneggia, nuoce, lede, scredita, critica con acredine violenta.
L’omino verde ha cambiato l’iniziale del suo aggettivo connotante, nel tentativo di mimetizzarsi. L’afrore che emana, però, lo tradisce.

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