L’ordine delle cose

Corrado, funzionario del ministero degli Interni addetto ai problemi dell’immigrazione, si reca a Tripoli con il difficile compito di trovare un accordo con le autorità locali per impedire gli sbarchi dalle coste libiche. Ad attenderlo, un collega francese e un altro funzionario italiano insieme all’autista che funge anche da interprete. Andrea Segre regista veneto da sempre sensibile al tema dei migranti – suoi i documentari A sud di Lampedusa, Come un uomo sulla terra, Mare chiuso e il bellissimo film Io sono Li – sembra anticipare con la sua ultima opera la strategia messa in atto dal nostro governo per limitare gli ingressi dalla Libia all’Italia. Non a caso all’inizio della pellicola c’è l’avvertenza che i personaggi sono immaginari ma l’ambiente sociale e politico in cui si muovono sono assolutamente reali.
Corrado è un uomo estremamente ordinato, puntiglioso, ama la moglie e i due figli adolescenti, la scherma, di cui in gioventù è stato una promessa, e soprattutto il suo lavoro, che svolge in modo ineccepibile, mosso dal rispetto per la legalità e da quello per i diritti umani. Diritti umani che vengono calpestati nei centri “di accoglienza” libici, dove migliaia di persone vengono trattate come bestie, recluse e brutalizzate, oggetto di compra-vendita da parte delle cosche di potere tribale in lotta tra loro e dedite a loschi traffici tacitamente coperti anche dalle alte sfere. Durante la visita in uno di questi centri, Corrado viene avvicinato per pochi secondi da una donna somala che gli chiede aiuto.
Attraverso gli occhi imploranti della giovane donna, Corrado, comincia a riconsiderare gli schemi e le priorità su cui aveva basato la sua missione: l’ordine delle cose. Al di là dei “numeri” di rifugiati da accogliere, delle masse di disperati che sbarcano sulle nostre coste – gli italiani non ne possono più, lo avverte il Ministro – il funzionario segue per la prima volta da vicino il caso di una persona in carne e ossa, la sua odissea, i suoi tentativi per riguadagnare la dignità perduta. Corrado, un eccezionale Paolo Pierobon, è un uomo coraggioso che, a differenza del suo collega italiano (il sempre bravissimo Giuseppe Battiston) non ama i compromessi e gli arzigogoli burocratici del mestiere – mi porti qualcosa di “notiziabile” gli ingiunge il sempre affabile Ministro, fanculo gli risponde lui tra sé e sé. Nel contempo l’arte della scherma gli ha insegnato ad affondare la spada e, al momento giusto, a fare un passo indietro.
Il film si apre e si chiude fotografando la bella villa di Padova in cui vive Corrado con i suoi cari. L’ultima immagine riprende il loro accogliente soggiorno, la tavola imbandita, la famiglia unita e felice. Il contrasto con i tuguri e le carceri libiche è stridente. E quei versi iniziali della poesia di Primo Levi “Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case…” ti vengono d’impulso alla mente e fanno da corollario a questo film bello, triste, tragicamente vero.

L’ordine delle cose di Andrea Segre – Italia-Francia-Tunisia 2017

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