Lounge bar in rosso

Il vestito rosso mi sta stretto sotto le ascelle. Se sto seduta sullo sgabello senza appoggiarmi al banco non si nota, poi magari sudo e rovino l’effetto. Che idea che m’è venuta, vestirmi per acchiappare e farmi portare da un taxi in questo lounge bar.
Non ho ben capito che vuol dire lounge, ma fa tanto sexendesiti e il tassista mi ha squadrata ben bene quando sono salita e mi ha portata qui. Prima volta da sola in un bar, di notte. Per alcuni è tutta questione di volontà. Allora basta, star sola a casa, sul divano, a consumare scatole di scottex! Io sono normale e frustrata e pure un po’ attempata. Ma fuori è buio e dentro è soffuso. Il giornalaio ammiccando mi ha detto:
«Basta volerla, un po’ di compagnia». Ma lui no, lui manco volendo, manco un po’ allentata da un paio di birrette.
Ed eccomi qui. Musica insinuante in sottofondo, barista stanco, ma pulito e preciso.
Mi isso sullo sgabello, la gonna è mossa e ci riesco. Lì, in fondo al bancone, sono in due, uno allunga l’occhio. Con l’altro guarda il compare che mi mostra le spalle. Belle spalle e pure bella voce. Parlano basso, ma arriva il tono, senza le parole. Forse è meglio. Il barista preciso mi serve una birretta e pure un bicchiere che snobbo. Fa più disinvolto bere a canna, ma devo stare attenta all’ascella del vestito. Sai che figura se mi si strappa.
Ammesso che qualcuno se ne accorga…
Bella fresca, amara, come mi piace: va giù liscia, la birretta. Quello di spalle si gira. Sguardo che uccide. Tocca il braccio dell’amico che scende dallo sgabello: è basso e se ne va. Questo invece è alto. Lo sbircio mentre si alza e si avvicina, lento. La musica la conosco, Killingmisofli. 

 

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