Nel basso vive Vincenzo Russo, poeta povero e malato. Poco più di vent’anni, innamorato di Enrichetta, la signorina della finestra di fronte. Famiglie contrarie, lei abita ai piani alti e ha la finestra infiorata. Vincenzo sta in un basso e impara il mestiere di guantaio. Enrichetta si affaccia tutti i giorni alla stessa ora, si guardano negli occhi per un lunghissimo momento, poi va via. Vincenzo scrive canzoni come “Maria Marì”, che sono imperativi d’amore: Arapete fenesta, famme affaccià a Maria!
Enrichetta nelle canzoni prende il nome di Rosa, Maria, Carmela. Tutti i nomi del mondo sono i suoi. La domenica lei passeggia nel vicolo per andare alla chiesa all’angolo, lui in maniche di camicia aspetta che il suo profumo gli passi accanto e scrive “Io te vurria vasà”. Io te vurria vasà, io me vurria addurmì vicino ‘o sciato tuje. Accanto al tuo fiato.
Vincenzo vive la sua ultima primavera in un letto che si fa spostare per guardare la finestra di fronte. Immagina la voce di Enrichetta che supera il rumore degli zoccoli dei cavalli e arriva fino a lui e compone “Torna maggio”. ‘A primavera mia site vuje sola, ma vuje durmite ancora, i’ che curaggio, rose che belli rrose, torna maggio!
Arriva giugno, Vincenzo sputa sangue e vita. Trova la forza per arrivare alla porta. La chiesa all’angolo è addobbata a festa: Enrichetta si sposa. Lui non riesce a stare in piedi, torna a letto. Al cognato detta “L’urdema canzona mia”. Pe’ mme tutto è fernuto, addio stagione belle, addio rose e viole, io ve saluto. Enrichetta in abito da sposa fa fermare il calesse davanti al basso, rivolge lo sguardo ma lui non c’è, non c’è più. Enrichetta si fa dare il foglio su cui Vincenzo Russo ha dettato l’ultima canzone. Lo piega e lo ripone in un medaglione da cui non si separerà mai.
Pe’ mme tutt’è fernuto. Addio sserate ‘e luna, vita e speranza, addio! Io ve saluto.