Ecco l’inedito resoconto dell’ultima conversazione di Nino Bixio con Goffredo Mameli, suo conterraneo, al momento della stesura definitiva del “futuro” inno nazionale:
– Nino! Ascoltami Nino, senti che bei versi ho scritto!
– Fai in fretta, non abbiamo tanto tempo, lo senti come sparano là fuori?
– Faccio in un attimo: …Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta, dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa…
– desta, testa, la cinta, la festa… ti avevamo detto parole semplici! Chi diamine è ‘sto Scipio? Finisci quest’obbrobrio, li senti gli spari che si avvicinano?
– Va bene poi lo rileggiamo, ora continuo: …dov’è la Vittoria, Le porga la chioma che schiava di Torino…
– Torino?
– Si, la capitale! Non stiamo facendo il lavoro sporco per conto dei Savoia?
– Non farmi parlare di politica, non ci capisco nulla. Ho sentito i Giuseppi che parlavano di Roma, non Torino. Senti come suona bene così: …dov’è la Vittoria CHE porga la chiomaaa… che schiava di Romaaa..!
– No! No: “LE porga”, LE-LE-LE porga non “CHE porga”, Nino mi stai irritando!
– Goffredo, diamine, non dire sciocchezze! Come pensi che entri nella testa della gente “Le porga la chioma”?
– Non funziona “che porga la chioma che schiava di Roma”, lo senti che ripetiamo due volte il “che”, sei un ignorante, non conosci l’ital…(Boom)…
– Goffredo! Oddio, Goffredo…
Una scheggia lo ferì e, dopo lunga agonia, Mameli spirò senza chiarirsi con il suo amico Bixio. È così che prima delle partite della Nazionale, sempre molto frequentate da esperti di storia risorgimentale, si ode ancora quel dibattuto versetto, secondo antica tradizione, nelle sue due versioni.