Mare di contrabbando

I due ragazzi camminavano svelti sotto il sole cocente. Ogni tanto si giravano a guardarsi dietro, a farsi sicuri che nessun fantasma li seguisse, nemmeno con lo sguardo. Si tenevano per mano, come facevano quando erano bambini. Scesero per il ripido sentiero, lui l’aiutava a non inciampare. Più di una volta la sollevò di peso nei passaggi più erti. Sotto di loro, ai piedi di immense rocce color del bronzo, il mare.

Si tolsero i vestiti in un festoso rituale di risate e rimasero ad ammirarsi i costumi da bagno. Li avevano sognati in silenzio, comprati di contrabbando, indossati di nascosto. Lei aveva un bikini dai colori sgargianti e un disegno di delfini. Si tuffarono e nuotarono, nuotarono, nuotarono. Finché ci fu sole, finché ci fu acqua.

Quando furono sazi e asciutti di ogni segno di sale, distesi come lucertole sui sassi della riva, lui si addormentò. Ancora una volta sulla spalla di lei, come da bambini.

«È ora di andare. Mamma e papà ci aspettano».

Si rivestirono in fretta. Lei rimise il chador, a nascondere ogni segno della sua femminilità. Il viso l’avrebbe coperto dopo, alla fine della salita, per prudenza.

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