Mario Dondero? Magari è a Parigi

Mario Dondero se n’è andato, a 87 anni. Era un grande fotografo, mi fu amico e maestro. Lo ricordo molto bene, tra il ’67 e l’80, a Milano. A volte si usciva insieme, io, lui, e Massimo Vitali, per scattare foto della vita e della città, insieme. La sera si andava in gruppo al bar Giamaica, soprattutto, o in giro per Brera, tra matti e artisti in una vita un po’ bohème. A volte abitava a casa nostra; arrivava, poi ripartiva, sempre all’improvviso. Da noi bussarono spesso fidanzate abbandonate, giornali rimasti senza il servizio ordinato, che lo cercavano, nervosamente. Noi allargavamo le braccia; dicevamo «magari è a Parigi».

Nuvola ritratta da Dondero nella cucina del bar Giamaica,
Nuvola ritratta da Dondero nella cucina del bar Giamaica

Al piano sopra di me abitava la ragazza che nel 1968 gli diede una figlia adorabile, coetanea di mio figlio Leo. Mario non c’era mai, ma la mia amica trovava da me sempre la tavola apparecchiata, il pranzo pronto, e i piatti da lavare in compagnia. Spesso ci affidavamo a vicenda i piccoli, che sono diventati fratelli di latte, e ora, a più di 40 anni sono ancora amici. Ci chiedevamo spesso «dov’è Mario». Allargando le braccia ci rispondevamo «magari è a Parigi».

 

La leggenda che spesso non mettesse la pellicola in macchina è del tutto vera. A Parigi, una volta, ha scattato un intero servizio fotografico alla Comédie Française schierata, senza pellicola. D’altronde era costosissima, nei lontani tempi di prima del digitale, e a volte Mario non si ritrovava in tasca i soldi per comprarla. Il denaro non lo interessava. Ci siamo sempre chiesti che meravigliose immagini ci siamo persi, negli anni.

 

Era dolce, gentile, delicato. Idealista, un pochino inaffidabile, sempre perso dietro i suoi sogni di fuga.

 

La sua era la vera fotografia, come l’ho sempre intesa. Scarna e vera. La vita colta mentre si svolge, un attimo che ne contiene mille. Senza barocchismi né artefatti, che sono adatti ad altri strumenti di comunicazione, pittura, scultura, cinema. La fotografia ha il suo specifico nella irripetibilità. In realtà, la cultura visiva agiva profondamente in Dondero, ma, appunto, non si esibiva; si concentrava nell’attimo scelto, in perfezione. Lavorava sempre in Leica, quella col telemetro, la macchina dei grandi fotografi: piccola, leggera, con le migliori ottiche della storia della fotografia.

 

Credo che Mario resterà per sempre.

Foto Mario Dondero
Foto Mario Dondero

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto