Le elezioni tedesche di domenica scorsa hanno e avranno un peso enorme, e conseguenze grandi per un tempo non breve. Rivelano, infatti che:
1 – La Germania è assai meno “stabile” di quanto si pensa e si dice
2 – L’assetto politico di quel Paese, compreso il tanto decantato sistema elettorale “proporzionale con sbarramento al 5%” non garantisce più la solida governabilità che sembrava – almeno lì – perennemente assicurata
3 – In una fase delicatissima, l’Europa non potrà contare su un baricentro equilibrato, unificatore e riformatore sul quale tutti facevano il massimo affidamento.
Non penso di affrontare qui temi tanto ardui; con i quali, peraltro, tutti dovremo fare e rifare i conti negli anni a venire. Come mia abitudine, invece, dopo una elezione, mi piace guardare i numeri e rispettosamente ascoltare quel che dicono. Non è tutto quel che serve per capire; ma è qualcosa di preciso e controllabile, che nessuna elucubrazione dovrebbe contraddire o trascurare.
L’ineffabile Giannelli – bravo come pochi a titillare le emozioni a scapito del ragionamento – nella sua vignetta quotidiana, sintetizza in modo lapidario: Merkel “cancelliera”, Schulz “cancellato”. Un po’ tutti su questa lunghezza d’onda i commenti: Merkel ha vinto, Schulz – e con lui l’SPD – un disastro, un tracollo, una catastrofe.
In effetti Merkel è arrivata prima staccando di molte lunghezze il povero Schulz. Ma la sorpresa delle elezioni tedesche è che, chiuse le urne, non si sa quale maggioranza e quale governo sarà possibile fare. Schulz ha certamente perso, e di brutto, ma altrettanto pesantemente ha perso Merkel; ambedue i loro partiti sono ai minimi storici del dopoguerra
La notizia è che da quelle parti circola da oggi una parola che nella storia della Germania ha precedenti funesti, ma che sembrava definitivamente cancellata: ingovernabilità. La sfida che doveva vincere Merkel era di assicurare al suo Paese (e all’Europa) altri quattro anni di governabilità: sfida fallita.
Ce lo dicono, nel modo più semplice e chiaro – guarda un po’ – proprio i testardi numeracci. Nel 2013 fa Merkel ebbe il 41,5% e l’SPD il 25,7%; domenica la prima ha perso l’8,6%, Schulz il 5,2%. Mi sono divertito a fare qualche calcolo: la diminuzione è proporzionalmente la stessa. Dei voti raccolti nel 2013, Merkel ne ha persi il 20,7%, l’SPD il 20,2%; una identica caduta di consenso, un elettore su cinque. Se volessimo essere pignoli, quella socialdemocratica sarebbe anzi inferiore, sia pure di un soffio (- 0,5%).
Come mai un governo considerato da tutti serio ed efficace, nel Paese più ricco, coeso e affidabile del mondo, subisce dagli elettori una censura tanto severa? Come mai la punizione è stata spalmata perfettamente nella stessa misura su ambedue i partiti della Grosse Koalition? Come mai è stata impartita in dosi identiche da elettorati molto diversi; e nonostante la forte leadership e autorevolezza di Merkel?
Queste sono le domande vere; domande che non verranno mai messe a fuoco con l’ottica delle vignette di Giannelli e di tanti commenti che le traducono in prosa.
Non meravigliamoci, allora, se a sorpresa si aggiunge sorpresa: prima Brexit, poi Trump, poi Macron, adesso la Germania. La verità è che chi dovrebbe aiutare a capire è il primo a non capirci niente; soprattutto perché non gli importa molto di capire. Che c’entra, infatti, con il “capire” il mestiere che fa? Giannelli non è in questione, fa vignette; ma gli altri che riempiono i quotidiani?
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