Lidice. Fu mio padre a chiamarmi così. Non era il nome di un uomo, ma di un piccolo villaggio, non lontano da Praga. Il simbolo del paese era una rosa rossa. Non so il motivo, ma è sempre stato un piacere associare il mio nome a un fiore.
Il 24 Maggio del 1942, Reinhard Heydrich, Generale delle SS, amico personale di Hitler, chiamato da tutti il boia di Praga, subì un attentato nelle strade della capitale ceca. Morì dopo alcuni giorni, per le ferite riportate, e per lui ci furono funerali imponenti a Berlino.
La rappresaglia non si fece attendere. Come bersaglio venne scelto Lidice. Il villaggio fu raso al suolo e, per ordine diretto di Hitler, cancellato dalle carte geografiche. Tutti gli uomini sopra i sedici anni furono fucilati; le donne deportate nei campi di sterminio, dove quasi tutte trovarono la morte. Furono deportati anche ottantotto bambini. Molti finirono nelle camere a gas. Pochi, dopo accurata selezione, vennero germanizzati, all’interno di famiglie di SS. Dopo la guerra se ne ritrovarono soltanto diciassette.
Il terreno su cui sorgeva il villaggio fu arato, come se Lidice non fosse mai esistito. L’ordine era stato eseguito. In poche altre occasioni, nella storia moderna, sono accadute cose simili.
Dopo la guerra il paese venne ricostruito in altro luogo.
Durante i primi anni di pace, da Lidice vennero lanciati diversi appelli al mondo per ricordare il sacrificio. In Inghilterra, negli Stati Uniti, forse anche altrove esistono cittadine che si chiamano Lidice.
Negli appelli si chiedeva che venisse dato il nome del paese ai nuovi nati in ogni dove, perché venisse ricordato nel tempo.
Oggi laggiù c’è un sacrario, che richiama alla memoria l’atto di annientamento totale. Un monumento commemora i bambini di Lidice. Io, quando vado sulla tomba di mio padre, porto sempre una rosa rossa, in ricordo del nome che ha voluto darmi.