MIA MADRE

Mia madre ha sempre pianto.
Mia madre era bellissima, altissima, intelligentissima, e mio nonno non voleva che andasse a scuola, perché le femmine devono stare in casa, specialmente mia madre.
Mia madre era invidiata da tutte e aveva le mani d’oro.
Le regalarono una stoffa per tende, arabescata, e si fece un abito che sembrava una fotomodella.
Aveva due fratelli più grandi che si passavano i vestiti e i cappotti; lei si doveva arrangiare. Una volta rivoltò il cappotto dello zio e se ne fece uno con la rendigote, all’ultima moda.
Il pianto la faceva andare avanti, e più piangeva e più brava diventava. E anche più bella.
Usciva solo accompagnata e fingeva che il fratello fosse il suo fidanzato, finché non incontrò mio padre.
Mia madre aveva una fila di corteggiatori facoltosi. Scelse mio padre; povero, ma bello. Lei si confezionò da sola il suo abito da sposa.
Mio nonno il giorno del matrimonio le disse: «Se vuoi ce ne andiamo».
Lei pianse e disse no.
Fece il viaggio di nozze in vespa fino a Roma e andò anche a Capri. Non credo abbia pianto.
Ci ha cresciuto, noi figlie, tra lacrime, litigi con papà, consigli e orgogli di mamma. Noi dovevamo essere le migliori.
Pianse quando le dissi che ero incinta: mi chiamava puttana e piangeva. Ma lo so che non lo pensava; ero fidanzata da sempre con lo stesso ragazzo. Era solo delusa; ero come tutte le altre.
Crebbe i nipoti, tutti, da nonna perfetta, un po’ piagnona.
«Mamma, ma la nonna piange sempre?»
«Si, così fa meno pipì».
Oggi la guardo, nella sua prigione di carne e ossa, vinta dal parkinson. Piange ancora.

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