MIA SORELLA

Mia sorella era intollerante anzi lo è ancora, altrimenti non sarebbe finita così. Di questa intolleranza si era fatta una corazza, una seconda pelle, un biglietto da visita.
Camminavamo discutendo di fatti d’amore, io tranquilla, distaccata, lei si agitava e forse per questo inciampò e si slogò una caviglia. Capita che ci si sloghi una caviglia nell’indifferenza generale ma c’ero io, non era sola. Eppure si scagliò contro la maleducazione del prossimo. Al Pronto Soccorso mise sotto accusa la situazione ospedaliera in Italia, in taxi inveì contro l’arroganza dei taxisti italiani.
Parlava, tritava, giudicava senza nemmeno fermarsi ad ascoltare, preoccupata soltanto di giudicare. Per questo, a casa, si infilò nella lavatrice guasta, per capire come mai fosse ancora guasta dopo che il tecnico quattro mesi prima ci aveva messo le mani dentro e le trovò lì, ancora dentro alla lavatrice e con quelle mani in mano denigrava chi si occupa di manutenzione.
Mi costrinse a fare un giro con lei dentro a quella lavatrice e ci trovammo di tutto, cervi volanti e spazzacamini che volevano essere lavati ma l’aquilone li portava troppo in alto per essere centrifugati. Senza centrifuga uno spazzacamino rimane bagnato e uno spazzacamino bagnato non può pulire il camino. E’ ovvio.
Per me era una meraviglia anche il bicchiere della Nutella diventato tutto nero. Una questione omeopatica. Ma lei non riusciva a sintonizzarsi, giudicava tutto solo attraverso i suoi occhi.
Rimasi a dormire da lei, andai sotto le coperte fino a perdermi tra le lenzuola, chiesi supporto a due o tre persone che incontrai, mi pareva di averli già visti, uno era un frequentatore del letto di mia sorella ma aveva sbagliato e si era infilato nel mio. Poco male dissi io poco male, può capitare. Ma lei no non può capitare e poi bla bla bla a sparlare di questo e di quello.
E incominciò a girare e girava girava girava e più ne diceva e più girava. Quando si fermò aveva tutto il viso deformato. Ogni volta che le spunta l’intolleranza, il viso si deforma completamente fino ad assomigliare alla persona che ha davanti a sé, lo stesso viso e la stessa espressione. Esasperata, caricata, esagerata. Mostruosa. Un fenomeno da baraccone.
L’hanno messa in una gabbia al parco ed io appena posso vado a trovarla. Mi metto davanti a lei e se diventa la mia caricatura vuole dire che, per quel giorno, è meglio che io le stia alla larga. Giro sui tacchi e me ne vado via, lontana, fino alla prossima volta

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