Mi sono stufata di parlare solo quando mi invoca mia nipote o mi fanno le telenovelas in tv. Ora risorgo dal mio tristo sepolcreto romagnolo, pieno dei fiori finti di deplorevoli ultras, e parlo io.
Miss I-taglia 42 ha ragione.
Costrinsi Galeazzo, Jamon Serrano Súñer e l’ammiraglio Orban a ricattare Goebbels per la sua storia con la pornostar slovacca, nota a tutto il Golf Club dell’Acqua-cetosa. A tenere per le palle il Capoccia d’Oltrebrennero pensò quel carrierista di Himmler, ricattandolA per la storia gender sm con Albert Speer, di cui mi aveva informata Joseph Kennedy in Vaticano. Con Rachele bastò che accennassi – in una noiosa ribotta familiare a Villa Torlonia con Papi sfranto di Sangiovese – all’importanza avuta dall’ebrea Sarfatti nell’emancipazione di entrambe dall’atavica mezzadria romagnola.
E fu la Pace.
Galeazzo inaugurò l’expo Eur42 in pompa magna, presenti tutti i vip. Technoparty, alcaloidi, bisessualità dis-organica, sex toys – tutto il mio Parco Giochi preferito, insomma, fin dai tempi dell’inquieta adolescenza tondelliana in Viale Ceccarini, Riccione.
Riuscite a immaginare un mix di Muccino e Sorrentino fra i biancori e le virilissime statue di quello che ora è per voi solo un ministero degli esteri di una insulsa Repubblica Democratica governata dai comunisti di Maria Elena?
Mentre Galeazzo, Jamon Serrano e l’ammiraglio Orban sconfinavano allegri con Miss Eur42, io restavo melanconica al tavolo del baccarat.
Perché Magda tardava tanto? Non era già arrivato l’eurostar da Berlino? Lady Goebbels era forse ancora impegnata con i suoi mantra buddisti, o si era convertita al sufismo di Le Pen padre? Faceva ancora sedute spiritiche per evocare l’ex fidanzatino sionista, poi freddato dallo Zoppetto nel pinkwashing fremente di Tel Aviv? Forse doveva mettere a letto quei #bimbiclone con la H a cui, è bene ricordarlo, solo zia Edda aveva evitato il sacrifizio ricordandosi di non fargli prendere per sbaglio la pozione “Zyklon B” al posto della camomilla? O invece – fatal pensiero – mi tradiva con Maria José?
Poi arrivò. Bella e dannata nel vestito giallonero studiato apposta per lei da Jacob Cohen, lo stilista newyorkese a cui l’aveva occultamente introdotta Gretel Adorno.
«Togliamoci da ‘sta merda postmoderna», mi disse «e incastriamoci da Rosati. Ti devo parlare cinque minuti».
Obbedii. E una Edda non obbedisce facilmente. Ma come si può rifiutare qualcosa alla Patta d’Acciaio?
Ordinammo due margarita. Lei emanò la sentenza:
«È stato bello, con te. Per quel che conta, ci ho messo una parte di me in quelle 4-5 volte ai technoparty di Bayreuth. Però, confidando nel fatto che tu sia la donna più intelligente d’Italia, devo dirti che me la faccio con la mia fedele cobolda e assistente per gli eventi culturali germanici alla Wagner Universität. Lavoriamo benissimo, con Brecht, Moira Orfei, Freud e ovviamente Maria Elena Boschi».
Piansi tutte le lagrime amare di Liala Von Kant che avevo a disposizione. Poi telefonai a Galeazzo.
Il giorno dopo usciì io, a Palazzo Venezia.
Finalmente mi prendevo un ruolo che era sempre stato mio: «La dichiarazione di guerra è già stata consegnata alle ambasciatrici di Germania e Slovacchia».
E così fu. Mi feci incidere in studio, dotato ora di un mappamondo da far invidia a Charlot, le fatali parole del Caporale Austriaco: «Che la dea mi perdoni gli ultimi cinque minuti di party».
Meditavo di rovesciare una margarita in faccia a quella puttana di Magda, al tavolo della pace.
Ma poi giunse inaspettata una telefonata del mio cult, Marine Le Pen Gabin.
«Prendi un Concorde e vieni a Matignon, dai, conasse. Supertechnoparty privé da me. Discutiamo dell’affaire Eur42 e di quella stupida boche di Magda solo dopo, bien sur. Sai che sono per l’Entente Cordiale, non? Viens donc chez moi, chérie. Ci pensa la tua butch preferita».
E Pace fu.
Sincerely yours,
Edda Ciano