Morsi e placcaggi

Nella mia vita ho fatto tanto sport.
Individuale, di squadra, di qualunque tipo e genere.
A livello amatoriale , a livello agonistico o anche solo con gli amici su di una spiaggia o in una piscina.
Ne ho ricevuto sempre lo stesso identico piacere.
Mi sono misurata con me stessa, con gli altri, insieme agli altri, sempre.
Le sfide sono state ogni volta diverse e uguali, ma sempre e soltanto con le medesime regole.
Al fischio in piscina sui blocchi di partenza o nello schiacciare un pallone da rugby in meta io ero sempre la stessa.
Che fossi sola in vasca o con altre quindici compagne in campo.
Ho giocato in sport di squadra con uomini e donne, sempre.
E quando ho giocato a rugby in mezzo alla neve con i miei amici maschi per il puro piacere di farlo, questi avevano sempre l’accortezza di ricordarsi che noi eravamo donne e loro uomini.
Fisici diversi, struttura muscolare diversa.
Eppure si riusciva a giocare insieme, senza farsi del male, divertendosi come i pazzi.
Si giocava al tocco, senza quindi placcaggi, contatti fisici.
Dicono che il rugby sia uno degli sport più nobili che esistano.
E io che li ho praticati quasi tutti posso proprio confermarlo.
Si gioca in quindici in campo.
Quindici individualità che solo giocando insieme riescono a portare il pallone in meta.
Ruoli ben distinti, capacità atletiche diverse e di ogni tipo, medesime qualità.
Avevo un allenatore davvero in gamba, che aveva allenato sempre e soltanto uomini primi di allenare noi donne.
Di grande esperienza e intelligenza.
Mi ha sempre confessato che allenare una squadra di donne era un’esperienza pazzesca!
Difficile, difficilissimo.
Allenare gli uomini al confronto, era una passeggiata.
L’ho sempre guardato sorridendo, capendo perfettamente quello che intendesse dire.
Giocavo a rugby con la mia migliore amica di sempre. Abitavamo in casa insieme all’Università.
E quando capitavamo in allenamento in squadre opposte , puntualmente ad ogni placcaggio che io le facevo in piena regola, lei all’azione successiva mi dava un morso in piena regola, quando io ero in una mischia.
Non sapeva placcare bene come me e le era insopportabile.
Io mi tenevo il morso e senza neppure chiedere chi fosse stato, all’azione successiva continuavo a giocare e in piena regola le sferravo un placcaggio ancora più duro del precedente.
Non ha mai smesso di darmi morsi, non ho mai smesso di farle placcaggi.

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