La signora era intenta a galleggiare nella buca della piscina termale, era in terapia per dolori lombari. Nella buca profonda due metri si conversa, è un po’ come stare in Piazza Maggiore, seduti al tavolino del bar, solo che qui si galleggia facendo piccoli movimenti con le gambe così come ci hanno insegnato le terapiste a bordo vasca. Le si avvicina un galleggiato sui cinquant’anni e in confidenza le sussurra qualcosa che mi sfugge all’orecchio. Lei esordisce: io sono bolognese DOC!
Lui chiede spiegazioni, dice di essere di Procida e lei risponde con fierezza:”sono una delle ultime nate nella Maternità di Bologna, dopo di me hanno chiuso i reparti”.
Di colpo vengo travolta da una onda gigante di acqua clorata che mi sommerge e mi fa tornare indietro nel tempo, più di mezzo secolo di vita, quando nacqui.
Della mia nascita ho avuto notizia da mia madre che, ogni volta, nel racconto ripeteva: paura, vergogna e miseria.
Al momento della nascita, fuori dal grembo di mia madre, ho come avuto l’impressione di avere visto tutto quello che accadeva in quella stanza.
Eh sì perché quella stanza era la cucina.
Io sono nata sul tavolo di cucina, piu’ precisamente sul marmo grigio, freddo e duro del tavolo di cucina dove mia nonna ogni venerdì impastava gli gnocchi o tagliava senza pietà a pezzi le anguille ancora vive.
Si racconta che mio padre a quell’evento fosse presente assente. Il suo ruolo era quello alla prima doglia di mia madre di montare in sella alla bicicletta e scappare a chiamare l’ostetrica. Così fece.
Poi rientrato a casa, si chiuse nel suo sgabuzzino per riparare le camere d’aria delle gomme da bici. Lui di fatto non poteva presenziare al parto. Il parto era un lavoro da donne.
Mia nonna gestiva le pentole piene di acqua bollente appoggiate sui cerchi degli anelli in ghisa della stufa a legna. L’acqua calda serviva all’ostetrica per disinfettare le pezze di tela bianca e gli strumenti in suo possesso. Ho come avuto l’impressione di avere visto queste tre donne, tutte prese, con un tempismo e una efficacia da manuale di ginecologia moderna.
Nacqui.
Mio padre uscì dallo sgabuzzino, chiamato a voce alta da mia nonna.
Temo che mia madre non avesse capito molto di ciò che le era accaduto durante il parto, perché nel tempo e negli anni, quando se ne parlava, ripeteva sempre : che paura, che vergogna, che miseria.
Tornando a me, io, nata sul tavolo di cucina, sono DOC, perché la mia casa era situata davanti ai Giardini Margherita, così chiamati dopo la visita alla città di Bologna, di sua Maestà la Regina Margherita nell’anno 1878 e da allora la storia racconta che chi nasceva in quel preciso punto era considerato il vero bolognese.
Altri tempi cittadinanza Nascita
Bella – forte
Grazie !
Rileggendolo lo trovo divertente e semplice!
Nascere senza tecnologia, con un tavolo, una stufa, un catino, dei tegami e la vita e’ questa, va avanti da sola !
brava!
Brava, amica mia DOC! DOC sei nata e DOC sei restata!
Sono una garanzia di “ bene “
Grazie
Brava, amica mia DOC! DOC sei nata e DOC sei rimasta!