Chi come me è nato negli anni ’60, esattamente nel 1960, ha avuto una grande fortuna, più di una fortuna a dire il vero. Innanzitutto quella di non avere conosciuto la guerra, almeno in casa propria, ma di avere avuto genitori e maestri che la guerra l’avevano conosciuta, in tutto il suo orrore, e proprio per questo hanno ritenuto loro primo dovere educarci al rifiuto della guerra. E poi il benessere, non quello astratto o virtuale, ma quello concreto, quotidiano, prosastico, della lavatrice, dei termosifoni e dell’acqua calda corrente, del telefono e dell’automobile, comodità oggi date per scontate, ma che noi abbiamo apprezzato passando dall’infanzia all’adolescenza, giorno per giorno disponibili ad un numero sempre più ampio di persone. Ed il progressismo infine, la crescita costante delle libertà individuali, la fiducia incrollabile che non sarebbero mai più venute meno, ma anzi si sarebbero sempre più estese. Certo, eravamo ben consapevoli che vaste zone del mondo non vivevano come noi, ma era solo questione di tempo, e di lottare per i nostri ideali.
Forse ciò che invece non comprendevamo era il fatto che proprio sul benessere economico si fondava la nostra possibilità di essere idealisti, e libertari, e belli e puri. Che proprio il sistema di progressivo incremento dei beni e dei consumi rendeva possibile alla maggioranza di noi essere democratici, e di ampie vedute, antirazzisti ed anticapitalisti. Ci permetteva di studiare, e leggere libri, e sognare un mondo sempre migliore.
Poi sono venuti gli anni ’70, di terrorismo, di bombe e di stragi, gli ’80, di consumismo sfrenato.
Intanto ci siamo distratti, impegnati a costruire la nostra vita vera, di compromessi, come per i nostri genitori, ed al risveglio abbiamo trovato la Crisi. Anche il capitalismo è cambiato, non più incremento del benessere per i più, ma contrazione di salari e diritti, non più produzione di beni belli e durevoli, ma omologazione verso il qualitativamente basso, per la massa, e non solo, purché ben confezionato, e firmato, al fine di ampliare a dismisura i margini di profitto. E soprattutto speculazione finanziaria senza più regole, alla ricerca del profitto “puro”.
Ed ogni giorno di più diventiamo disillusi, e intolleranti, e cattivi, e forse anche brutti (sicuramente più vecchi).