Nessuno la può giudicare, Caterina Caselli

 

Suonava il basso in un complesso che girava le balere modenesi. Allora tutti avevano un amico che cantava o che suonava, ma “la Caselli” la riconoscevano per strada, aveva fatto Castrocaro, parlavano di lei. Quando andavo dai miei nonni, a Sassuolo, ci capitava di incontrarla in giro. Dicevano che guadagnasse centomila lire a sera.
Il primo 45 giri, Ti telefono tutte le sere, non ha successo, ma si capisce che la ragazza ha della stoffa. Firma per la CGD, la casa discografica dei Sugar.
I Sugar hanno naso. Uno di loro, Pietro, la sposerà qualche anno dopo.
Nel ’66, il colpo di fortuna: la chiamano a Sanremo a cantare il pezzo scartato da Celentano: Nessuno mi può giudicare. Musica e testo sono trasgressivi, per i tempi, non i soliti cuore/amore. Caterina non ha i capelli lunghi e boccoluti da copione, ma un caschetto biondo, alla Beatles, con un taglio squadrato creato apposta per lei dai Vergottini: anche loro si stavano facendo strada nella Milano del boom.
Casco d’oro scuote i capelli, si agita, canta: «Insomma, sì, ho sbagliato, ma devi prendermi come sono».
Sono parole scritte per un uomo, non per una ragazza di vent’anni, almeno non del ’66, ma nessuno ci fa caso, nessuno pensa a giudicarla. E lei, un successo dopo l’altro, prende il volo. Partecipa a film, conduce trasmissioni televisive, canta indimenticabili canzoni: Perdono, Sono bugiarda, È la pioggia che va, Cento giorni, fino alla sua più bella, Insieme a te non ci sto più, di Paolo Conte.
Smette di esibirsi, si dedica alla famiglia e dopo la nascita del figlio rientra nel mondo della musica, dedicandosi alla scoperta di talenti. Ne scopre tanti, anche lei ha naso, sa riconoscere la voce, il cuore, la tenacia.
Adesso Casco d’oro è una bella signora elegante, una che ce l’ha fatta e porta in giro orgogliosamente gli anni, la fatica, il successo.
La sento cantare e rivedo la piazza di Sassuolo, il bar, i miei sedici anni, i sogni… e la pioggia che va, e ritorna il sereno.
Buon compleanno, Caterina!

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