NOMADLAND

Nuove povertà, storie di emarginazione e dolore, un’immagine pioneristica dell’America ambientata ai nostri giorni o quasi. Di questo e altro parla in modo documentaristico il film della regista cinese Chloé Zhao, prima donna a vincere 3 premi Oscar: miglior film, migliore regia e migliore interpretazione femminile oltre ad aver trionfato al Festival di Venezia. Nomadland è il viaggio on the road di un’anima inquieta, Fern, donna matura che ha perso tutto nel 1988 quando la fabbrica in cui lei e suo marito Bo lavoravano ha chiuso i battenti: prima il marito morto di cancro, poi lo stipendio, l’assicurazione, la casa, una vita dignitosa. Dopo aver piazzato il poco mobilio in un magazzino, Fern parte con un van alla ricerca di se stessa, di un simulacro di esistenza che le dia la forza di andare avanti. Raccatta in giro lavoretti stagionali e precari, dall’imballare pacchi per Amazon alla raccolta di barbabietole nei campi, incontrando lungo la strada nomadi come lei, soprattutto donne con cui divide temporaneamente sogni e speranze. Con la fotografia nitida e spietata di Joshua James Richards – che mette a fuoco miserie infinite, bocche sdentate, paesaggi innevati e tramonti da cartolina nel deserto – il viaggio di Fern continua e continua, in un mood solipsistico eppure aperto alle altre e agli altri come lei.
Fern ha le forme appesantite e sgraziate di un’attrice straordinaria che si è presentata agli Oscar con la ricrescita, che di statuette ne ha vinte altre due (Fargo 1993 e Tre manifesti a Ebbing, Missouri 2017), l’antidiva per antonomasia Frances McDormand. Poetico e doloroso, un film diretto e interpretato al femminile, un viaggio al termine della notte accompagnato dalle musiche struggenti del nostro Ludovico Einaudi, in cui noi tutte e tutti ci incamminiamo per rivederci un giorno per strada.
Nomadland – USA 2020

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