Quando i tuoi ricordi cominciano a superare il mezzo secolo, di solito non è buon segno. Il loro naturale languore, ricco di ossigeno, tende inesorabilmente a venarsi di un sapore amarognolo, probabilmente l’invidia del bel tempo che fu. Detto questo, ecco come intendo partecipare al (meritatissimo) scudetto del Napoli.
Da avversario, qual sono e fui.
Dicembre 1970, Asiago, Hotel Mirapini. Un giovinetto magro, con occhiali e capelli moderatamente lunghi, avrà sedici anni al massimo, è in vacanza invernale al seguito di mamma e altri parenti, sotto una neve compatta, senza equivoci. Una neve che per noi romani è sempre fiabesca e che ricorderà per sempre ma per altri, ben diversi motivi.
Il giovinetto, in attesa della cena (pensione completa) coi familiari, assiste al secondo tempo della partita Roma-Napoli. In differita, senza conoscere il risultato. La saletta tv non è piena. In Veneto, delle squadre sotto la linea gotica interessa poco o niente. Ai tedeschi in trasferta, ancora meno. La Roma, avverte subito il telecronista Martellini, è sotto di due gol. Il giovinetto già pensa di andarsene sconsolato a prepararsi per la cena, quando un pensiero lo attraversa: possibile che la Rai abbia scelto, fra tante, di trasmettere la seconda metà di una partita già decisa e archiviata nella prima? E allora si resta, impavidi, aggrappati a un periodo ipotetico dell’irrealtà.
Già lo avete capito, no?, che Roma e Napoli finiscono 2 a 2, tra le urla del giovinetto, esaltato all’eccesso da quella gioia pur modesta. Quello che non potete sapere è che il giovinetto, ignaro anche lui, era sogguardato, quasi spiato da una porta a vetri semiaperta, da una giovinetta bionda. Una fanciulla di Padova che si stava divertendo come una pazza a guardare l’esaltato che saltava, fuori controllo, al gol di Del Sol che sanciva l’impensabile, impossibile pareggio. E che era l’inizio, quell’insignificante Roma-Napoli, della loro prima, piccola storia d’amore. Sotto la neve.