Una volta quando ero giovane sono stato a New York. E ho scoperto il valet. Roba da ricchi: si pianta la macchina in mezzo alla strada e arriva il valet, l’angelo custode che parcheggia la tua auto al posto tuo in un apposito e custodito garage. Poi me ne sono dimenticato.
Adesso che sono di una certa età, e mi hanno detto che sono superfluo, inutile e dannoso, un impedimento e non una risorsa, un ostacolo e non un’opportunità nell’azienda chimica dove ho trascorso il maggior numero di ore della mia vita, adesso che sono di una certa età sì, ma non ancora pensionabile, adesso che mi rigiro per casa ed esco solo per il discount con la breve lista che mia moglie mi scrive prima di andare all’asilo dove le rinnovano il contratto ogni sei mesi e si accende un cero per illuminare il cielo fosco, me ne sono ricordato.
Di solito scelgo gli uffici pubblici, un ministero, un tribunale, una ASL, l’agenzia delle entrate, la stazione. Oppure una via piena di negozi, un funerale, un quartiere di locali e ristoranti. All’inizio improvvisavo, non ero ancora pratico, seguivo a piedi i potenziali clienti che dentro la vettura smadonnavano e picchiavano sul volante, si lanciavano maledizioni, litigavano, giravano in tondo senza costrutto nella speranza che un posto magicamente si liberasse, un piccolo posto nel mondo, non chiedevano altro. Io accorrevo al loro evidente bisogno di sgonfiare il fegato ormai marcio dopo ore di ricerca. Il miraggio di luci che brillavano aprendo le portiere, di un santo benedetto che si avvicinasse con le chiavi in mano, mettesse in moto, anche soporiferamente, era per molti diventato un incubo notturno. La gente sognava il parcheggio, “stanotte ho sognato il parcheggio” era una frase ormai molto comune al risveglio.
All’inizio non si fidavano, mi guardavano storto, nessuno mi affidava la sua macchina, preferivano lasciarla in doppia fila e rischiare la multa. «Ma che so scemo? Ma chi siete?», mi dicevano. Eppure ero discreto e gentile. Mi vestivo con l’abito del matrimonio, grigio scuro, e la cravatta bordeaux. Io avrei creduto a me stesso, a uno così. Sì, era una questua, lo so, ma io offrivo un servizio, perdinci!
Poi ho capito. Mi sono messo su Facebook, società di servizi Free Your Valet. È stata una grande idea. Ho diversificato le offerte, per cifre modeste e i clienti sono arrivati. Il ventaglio è questo:
1. Rimango nella macchina senza chiavi e quando un vigile si fa minaccioso sfodero un gambale rigido da accidentato che commuove chiunque: 2 euro
2. Rimango nella macchina e, come accade nell’eventualità peggiore, guido in zona finché il trillo del cellulare del cliente non mi avverte di tornare: 3 euro
3. Rimango nella macchina e cerco il posto più vicino possibile. Poi riconsegno le chiavi alla proprietaria (sì, si fidano più le donne) con un sorriso: 4 euro.
Vi chiederete: che garanzia dà la Free Your Valet (cioè io) ai propri clienti per convincerli che riavranno la loro auto? E qui mi ha sorretto un altro ricordo della giovinezza, un film, Lezioni di piano. Mi taglio una falange, la metto in un sacchetto sigillato e la lascio in pegno. Tanto poi vado al pronto soccorso e me la riattaccano.
bella e crudele @Valeria Viganò