Una cittadina del Maine battuta dal vento, una coppia, Olive e Henry Kitteridge mal assortita, lui farmacista dal cuore tenero, lei maestra di matematica, acida e introversa. La storia si dipana nel corso di 25 anni, con flash back che riportano i protagonisti a quando sono genitori di un figlio adolescente, Christopher, tirato su con la sollecitudine affettuosa del padre e le battute al vetriolo della madre. Che continua a opporre alle premure del marito, bigliettini d’auguri, mazzi di fiori e sguardi amorosi, un’insopportabile ritrosia. Chiusa nel suo mondo, rigida in famiglia e con i suoi alunni, Olive, figlia di una madre depressa e morta suicida, sembra detestare tutto e tutti, a parte le rose e i tulipani del suo giardino che cura con dedizione maniacale. Goffa e sgraziata non fa nulla per farsi amare, è famosa in paese per il suo pessimo carattere eppure la sua ruvida schiettezza e la caustica ironia con cui riesce, nonostante tutto, a mantenersi in contatto con gli altri, la rendono umana.
Olive Kitteridge è una straordinaria Frances McDormand che, innamorata del personaggio uscito dalla penna di Elisabeth Strout, ha acquistato i diritti del libro per farne una miniserie in quattro parti, prodotta dalla HBO. La trasposizione televisiva non delude, il romanzo della Strout è ricostruito alla perfezione, anzi acquista potenza per la bellezza delle immagini e per la recitazione degli interpreti (Richard Jenkins è Henry, Bill Murray è Jack). Una lunga storia spesso angosciante di lutti e tragedie domestiche, incomprensioni e traumi psicologici irrisolti eppure densa d’amore. Questo mondo mi confonde – dice Olive nella chiusa del film – eppure non riesco ad abbandonarlo.
Olive Kitteridge (USA 2014 di Lisa Cholodenko) tratto dall’omonimo romanzo Elizabeth Strout. Da vedere, da leggere e da non perdere.