Oppenheimer il nuovo Prometeo

Il problema è il piano inclinato. Una volta che lasciamo la presa, la biglia scivolerà senza esitazione verso il proprio destino. E più passa il tempo, più sarà difficile, costoso (e forse inutile) fermarla. Il suo destino dovrà infine compiersi, e lasciare che la biglia liberi tutta l’energia della corsa. E in quel momento qualcuno ne approfitterà. Qualcuno se ne pentirá. Altri non dormiranno mai più. E tutti noi staremo a guardare, inerti e apatici, sperando di non farci troppo male.
Questo è il film Oppenheimer.
Oppenheimer è colui che costruirà il piano inclinato, che lascierá la presa sulla biglia, che approfitterà della situazione per diventare l’uomo più influente del mondo, trovando il modo di uscirne infine pulito, assolto. È un vincente Oppenheimer, intelligente e spietato, allergico ai compromessi.
La biglia altro non è che la scienza, estrema, elevata a religione, il pupazzo dei militari e della politica.
Oppenheimer è l’architetto e l’interprete del mondo moderno, e non esiterá a sopraffare amici e detrattori. Colleghi e spie. Tedeschi e Giapponesi.
Verrà sconfitto solo dall’amante e dalla moglie che da poli opposti, forti della loro fede, del loro amore, pur nel loro triste destino, vedranno oltre il fungo di morte e distruzione, il cinismo del loro uomo, il tradimento estremo.
Il film è Nolan (Dunkirk, Tenet, Interstellar, Inception solo per citarne alcuni) alla massima potenza. Libero dalla necessità di stupire (come già provò in Dunkirk) ci presenta una pellicola dove l’azione si concretizza nel pensiero e nella parola, si divide tra ideale e cinismo, gioca con la scienza e la gloria.
Al contrario di Dunkirk dove la guerra è acqua nei polmoni, sibilo delle raffiche degli aerei tedeschi, gasolio che brucia sul mare, Oppenheimer è lontano dal fronte, lontano dal mondo reale, vive in un mondo artificiale. La guerra è un esperimento scientifico, una gara coi tedeschi, un’escalation con i russi. Il conflitto smette di essere sangue e merda, per diventare una corsa lontana anni luce dall’Europa e dal Giappone, quasi asettica. Le morti sono solo messaggi alla radio. Con Oppenheimer la guerra diventa un bottone, diventa fredda, anticipa il videogioco.
Oppenheimer non è l’uomo della bomba atomica; è il nuovo prometeo che dona all’uomo il potere assoluto: la paura.
Il film è immagine, suono e recitazione. Nolan alza l’asticella su tutti i fronti, e piega il cast stellare alla storia, nessuno escluso.
Cillian Murphy (trilogia di Batman, Dunkirk, Peaky Blinders) è un Oppenheimer ispirato e cinico, fragile e indecifrabile, sfuggente.
Matt Damon (The Martian, Salvate il soldato Ryan, la saga di Jason Bourne) è un generale patriota fin troppo credibile, incarnando il meglio degli USA.
Robert Downey Jr (Iron Man, Sherlock Holmes, Charlot) è un politico spietato e vendicativo, e incarna il peggio degli USA.
Florence Pugh (Piccole Donne, Don’t worry darling) è l’amante comunista di Oppenheimer, ovvero la sua anima.
Emily Blunt (A quiet Place, Mary Poppins) è la moglie comunista di Oppenheimer, ovvero la sua ambizione.
Rami Malek (Bohemian Rhapsody) lo scienziato fedele, ovvero il mondo della scienza fedele alla verità.
Kenneth Branagh (troppi da citare) è lo scienziato che non ha voluto farsi coinvolgere, ovvero l’altra faccia del mondo della scienza.
Gary Oldman (vedi Kenneth Branagh) é il presidente degli Stati Uniti d’America, ovvero l’uomo che si sporcò le mani.
Ma anche tutti gli altri, nessuno escluso, sono da encomio.
Fosse per me, darei l’Oscar a Robert Downey Jr, ma è solo un gusto personale. Il film è corale, è da vedere e rivedere. La versione 70mm restituisce la magia di andare al cinema.

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