Sono fiori esotici, dalle vaghe forme liberty, sorprendenti nei colori e nei profumi, dai forti connotati simbolici. Artisti e scrittori, che nulla o poco hanno in comune tra loro, spesso li evocano.
Scrive Proust nella Recherche: “ Odette aveva in mano un mazzo di cattleya e Swann vide, sotto il fazzoletto di trina che le copriva il capo che c’erano tra i suoi capelli dei fiori di quella stessa orchidea…”. Non a caso Jacques Émile Blanche ritrae il giovane Proust con un’orchidea all’occhiello.
Marinetti nel Manifesto della danza futurista del 1917 immagina una ballerina con una grande orchidea tra le labbra: “La danzatrice, carponi, imiterà la forma della mitragliatrice, nera-argentea sotto la sua cintura-nastro di cartucce. Il braccio teso in avanti agiterà febbrilmente l’orchidea bianca e rossa come una canna durante lo sparo.”
“Per chi serba il cuore di un’Orchidea
Le paludi sono rosa a giugno.”, scrive Emily Dickinson.
A Maupassant appaiono come ‟esseri prodigiosi, inverosimili, figlie della terra sacra, dell’aria impalpabile e della calda luce”.
Rex Stout ci narra l’amorevole modo in cui Nero Wolfe le coltiva.
“Fior diabolico” è “l’orchidea sanguigna e difforme”, per Elena Muti nel Piacere di D’Annunzio.
E si potrebbe continuare per chissà quanto, senza contare i film che le sono stati dedicati: Il mistero delle tre orchidee, Sette orchidee macchiate di rosso (1972) Orchidea bianca, Orchidea bionda nel 49 con Marilyn Monroe, Orchidea nera nel 59 con Sophia Loren e Anthony Quinn, Un’orchidea rosso sangue, Orchidea selvaggia…