Le chiamo parole sparite – scritte o ricevute, raccolte e legate da un lucido nastro, riposte con cura in un lungo silenzio. A volte ritornano – le senti camminare nell’aria, riempirti il respiro. Una voce, un richiamo – una tazza di thè, un ruvido foglio di carta – iniziare così l’avida e ancillare lettura, al soldo di un’ insolita sete.
Ritrovare lontane porzioni di vita che generose si aprono, offrendo memorie con facondia eleganza – strane ore di giorni confusi, avvolti in soffocanti ricordi.
E’ un viaggio singolare, la palpabile sensazione di trasportarsi sulle sabbie mobili dell’esistenza, inciampando tra virgole impudenti, periodi interrotti o chissà forse solo sospesi, risate furbe e assordanti, punti così puntati da oltrepassare il tempo.
Ci si sente un po’ arroganti – un po’ burloni – tanto censori. Dio mi liberi dalle troppe certezze, da un’ impietosa saggezza figlia della svanita giovinezza.
Tenerezza o razionalità, comprensione o perdono, chi può dirlo? Arrivata alla fine di una lettura impetuosa di ricordi, ho sorriso. Un sorriso accogliente, complice e comprensivo, in fondo scrivere è vivere per sempre.