Come è ormai noto, Paolo Sorrentino è un regista divisivo. Cosa che difficilmente accade ai mediocri: piuttosto càpita a coloro che possiedono una personalità spiccata, e questo vale in ogni campo, compresi lo sport e la politica.
Ciò non significa che ogni film dell’autore napoletano sia da considerare un capolavoro, naturalmente. Sorrentino non è regista da storie contemporanee, tanto più se legate a personaggi della politica: da’ il meglio di sé come pictor optimus di grandi affreschi dal sapore mediterraneo.
Di “Parthenope”, sua ultima opera in circolazione, dirò che mi sono beato per più di due ore di immagini meravigliose e terribili. Che più di una volta, vedendolo, mi sono emozionato e addirittura commosso. Colpa della dolcezza maliziosa connaturata al sorriso dell’esordiente Celeste Della Porta e del talento puro sciorinato da due giganti come Gary Oldman e Silvio Orlando. Ma soprattutto dell’uso sapiente che il regista fa della continua contaminazione tra orrore e splendore, sacro e profano, miseria e nobiltà di una città unica: il diabolico mistero di Napoli.
Mistero che la nostra protagonista attraversa apparentemente indenne, protetta come la sua città da un’aura di rara bellezza, per un arco di tempo di più o meno cinquant’anni tenuti insieme da un fil di fumo reale e metaforico insieme. Mentre sullo schermo scorrono gli anni settanta, per qualche assurdo miracolo (ma S.Gennaro non c’entra) mi sono ritrovato a respirare l’essenza, perduta ma inconfondibile, della mia adolescenza, vissuta in modo certamente diverso ma sorprendentemente riconoscibile senza particolari meriti di scenografia, trucchi o alchimie di scena.
Sortilegio che persiste, tra farsa e tragedia, fino ai giorni nostri e di Parthenope stessa, diventata nel frattempo, in trasferta nel profondo nord, accademica prestigiosa, col volto di una Stefania Sandrelli serena ma inevitabilmente attraversato dal male sottile della nostalgia.
Citazioni d’onore per l’indimenticabile, terrificante Cardinal Tesorone di Peppe Lanzetta e per l’inaspettato showdown di Luisa Ranieri, impegnata nella distruzione verbale, quasi chirurgica, della città più amata e odiata del mondo nei panni caricaturali di Sophia Loren, sua ultima icona. Come a dire che della Napoli meravigliosa di un tempo rimangono solo i panorami e i faraglioni di Capri.
Celeste Della Porta Napoli Paolo Sorrentino
Tutto bello e terrificante, bravo come sempre Sorrentino, quasi esoterico.
…ho lette molte cose belle di Cinematti;( ne conosco 200…con un arcobaleno di ogni età e conoscienza del cinema )…ma questa Acuta disanima rene al cinema la sua magia primiera…cioè il potere di meravigliarci….Buon tuttofare che il quotidiano le sia buono.
Grazie mille.
bravo giorgio!!!!
Grazie, Nube.
👍
Grazie! Recensione illuminante!
😉👍
È una bellissima ed equilibrata definizione di questo che il cinema è e di quello che il cinema da. Si legge con estremo piacere che si prova solo leggendo le cose giuste.
La ringrazio.
Recensione ineccepibile quasi incontestabile, direi.
Eppure contestata.
Condivido tutto, grazie
Bè, grazie!
Condivido ogni parola e ogni sensazione
Mi fa piacere
Grazie per questa acuta recensione! Leggendola dopo aver visto il film è come dare un senso compiuto alla trama e le immagini che restano comunque impresse perché è un film che non finisce quando si esce dal cinema bensì ci torna in mente per giorni e giorni!