Per il compleanno di Primo Levi

Il 31 luglio è il compleanno di Primo Levi, e, oggi, preferisco ricordarlo con un sorriso che con le lacrime.
Un giorno, molti anni fa, fui mandata per un reportage fotografico a una conferenza, lui protagonista. Era il mio lavoro.
Andai con la mia Nikon e il mio bel tele da 200. Forse lo sapete anche voi, a volte gli obiettivi delle macchine fotografiche sanno leggere le anime, dentro, se solo si sta un po’ attenti. E io attentissima lo ero, e piena di ammirazione e amore, per un grande italiano, esempio per tutti noi.
Ora osservate bene le foto: la prima (sopra il titolo) svela e cela il suo sguardo acuto, ricco di intensità e profondità. Un uomo antico carico di saperi. La seconda, mostra un timido sorriso, quasi infantile, la mano che pudica lo copre – quasi non potesse lasciarsi andare a una, pur se piccola, gioia. La terza, è stanca, lascia riaffiorare il dolore. Cupa. Nella quarta Levi ha lo spavento negli occhi – come aspettasse di veder riapparire, in qualche angolo buio della sala, l’orrore che aveva vissuto.

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Credo quel giorno di aver guardato dentro Primo Levi. Avevo già letto i suoi libri appassionatamente, ma così, in lui, non avrei mai immaginato di poter essere. Fu gioia, fu dolore. Fu esperienza immensa di un uomo immenso. Finito il lavoro, mi fu frettolosamente presentato. Poi me ne andai, tenendomi stretta la mano ancora calda della sua. Qualche tempo dopo, quando seppi del supposto suicidio, mi crollò il cuore. Ma forse aveva le sue ragioni, nonostante il grande coraggio. Era stanco, tanto stanco.

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