A riprova che l’ultimo film di Moretti suscita molto interesse e opinioni contrastanti, dopo gli articoli di Costanza Firrao (clicca qui) e di Luca Bavassano (clicca qui) pubblichiamo il terzo, di Giorgio Cavagnaro
Se un regista di lungo corso, glorioso come Nanni Moretti esce con un film scombiccherato, vuol dire che ha deciso di fare un film scombiccherato.
Dunque non si parli di sceneggiatura trasandata, musiche riempitivo, riferimenti deja vu perpetuati all’inverosimile. E’ tutto voluto, punto.
Se questo sia un pregio o un difetto di “Il sol dell’Avvenire” ognuno lo valuterà a seconda della propria sensibilità e del proprio affetto per un autore tra i più significativi del nostro cinema da più di quarant’anni e che quindi ha anche il diritto di essere un po’ stanco, quantomeno come attore.
Ho promesso ai miei venticinque lettori di non nascondermi, dichiarando al modo degli imperatori romani, pollice su o pollice giù, il mio verdetto, quindi lo devo fare.
Allora tutto sommato, considerato che, soppesando pro e contro, sì però, ma in fondo, il mio pollice si orienta verso terra. Perché non mi sono divertito: non ci fossero state le care presenze di attori amati e stimati, le canzoni stupende ma non certo sorprendenti e qualche bella inquadratura mi sarei abbastanza annoiato. Il film, portato sulle spalle ormai piuttosto esili (nonostante gli allenamenti in piscina) dal tenero tiranno Moretti, incuriosisce ma non decolla, come dicono giustamente preoccupati quelli di Netflix. Loro parlano del film nel film, naturalmente, ma c’è differenza?
Si esce dalla sala riflettendo, certo. E’ un film politico o un film d’amore? O un film sulla fine dell’amore per la politica? O un film sulla fine di tutt’e due? Difficile dirlo senza svelarne il finale, cosa del tutto riprovevole se non indecente. Diciamo allora che potrebbe essere un film sulla tristezza di ciò che è stato bello, illusorio, ingannevole, compagno di una gioventù inesorabilmente passata, e domani chissà. Per fortuna c’è il cinema, dice Nanni, questo antenato artigianale del metaverso, ancora pronto a darci una mano, a inventare realtà parallele. Un po’ per celia, un po’ per non morire.