PER UNA UNGHERIA DEMOCRATICA E PROGREDITA

In seguito alle elezioni politiche ungheresi di poche settimane fa, il 14 aprile, a Budapest, si è svolta la più imponente manifestazione di protesta degli ultimi anni all’insegna dello slogan “Siamo la maggioranza”. Organizzata da gruppi indipendenti dell’opposizione, hanno sfilato in massa compatta e pacifica – secondo gli organizzatori più di centomila partecipanti – i rappresentanti ed elettori dei partiti di sinistra all’opposizione insieme all’estrema destra Jobbik.
Viktor Orbán e il suo partito Fidesz hanno conquistato il quarto mandato elettorale, il terzo consecutivo dal 2010. I dimostranti hanno chiesto il riconteggio dei voti, un nuovo sistema elettorale, lotta alla corruzione del governo, unità delle opposizioni e una maggiore democrazia, promettendo di continuare la protesta finché non saranno ottenuti risultati apprezzabili.
Non sono politologa né storica, la mia è l’analisi di una ungherese mediamente colta e informata che vive da molti anni all’estero, pur continuando ad avere rapporti stretti con la madrepatria. Senza i brogli ragionevolmente sospettati da molte fonti, Orbán e il Fidesz non avrebbero raccolto il 48% dei voti, che assicura loro il controllo del 67% del Parlamento, bensì il 40%; il che cambierebbe notevolmente il quadro politico dei prossimi anni.
In ogni caso Orbán e il suo partito sarebbero stati votati da quattro elettori su dieci malgrado l’indiscutibile corruzione, le politiche liberticide del governo, e una campagna elettorale basata sulla paura innaturale dei migranti che in Ungheria non ci sono, e sulla caccia alle streghe che vede come capro espiatorio il magnate ebreo ungherese George Soros, il nemico pubblico numero 1. Il successo di tanto nazionalismo, di tanta xenofobia e ottusità ha radici profonde nella società ungherese.
Cominciamo con i molti beneficiari del regime che oltre ai membri del partito e del governo comprendono tutte le imprese che si aggiudicano le commesse pubbliche e quelle finanziate con i fondi europei. La lealtà ha molti vantaggi economici e questi soggetti sono numerosi.
Poi c’è l’apparato della pubblica amministrazione, intimorito e ricattato, e i lavoratori pubblici che, per un salario sotto il minimo, provvedono ai lavori socialmente utili pur di avere una fonte di sussistenza. Il governo è il loro datore di lavoro e glielo ricorda prontamente.
Poiché i media pubblici sono tutti filogovernativi, ai ceti più poveri e soprattutto rurali giunge ormai solo la voce del governo.
L’opposizione frammentata si guarda l’ombelico; l’individualismo, gli interessi personali e partitici non hanno permesso di costituire un fronte unico e convincente e fornire un’alternativa valida a un regime consolidato e a un leader forte.
Lo dico per ultimo con un po’ di vergogna, ma non è un fattore trascurabile, tutt’altro: per una buona fetta della società ungherese la democrazia, lo stato di diritto, la questione morale non rappresentano valori imprescindibili. Si preferisce delegare la responsabilità per il proprio presente e futuro a uno stato paternalista, coltivare la nostalgia della grandezza che fu, leccarsi le ferite inferte dalla Storia, chiudersi nel consolatorio nazionalismo, nel vittimismo e riversare le frustrazioni su capri espiatori esterni.
Spero che negli anni a venire nella società ungherese potranno prevalere, far sentire la propria voce forte e chiara i milioni di cittadini aperti, colti e volenterosi, per trasformare l’Ungheria in un Paese fondamentalmente democratico e progredito.

I cittadini ungheresi per la democrazia contro Orbàn
I cittadini ungheresi per la democrazia contro Orbàn

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