Annie Clark è songwriter, cantante, polistrumentista e guitar heroine.
Ventinove anni, nata nell’Oklahoma e cresciuta a Dallas, Texas.
Ha fatto tre album, tutti ben recepiti dalla critica di settore. Quel che basta per ricavarsi una nicchia sicura nella nebulosa indie.
Sui dischi ha deciso di chiamarsi St. Vincent e su ogni copertina ha messo la faccia. O parte di essa.
Sarebbe una noia ricamarle addosso il solito impasto di dettagli biografici, tecnicismi e tentativi di comparazione.
In un mondo che persegue e perseguita velleità euritmiche, Annie Clark mette voce e chitarra al servizio dell’universale e inconfessabile fame di contraddizione.
Intorno al suo timbro fragile costruisce impalcature barocche. E una per una le smantella.
A colpi di chitarre muscolari, corde singhiozzanti, dissonanze, accelerate e diversioni acide.
Alchimista in erba, strizza l’occhio al vaudeville, indulge a suggestioni levantine, riesuma il minimoog, propina marcette, funk ansiogeni, riff ossessivi, cataste di fiati e archi. Sovrappone, distorce, scivola, chiude brusco e riapre dove nessuno se l’aspetta.
Annie Clark intercetta i sussurri dai cortili sul retro, modula coni d’ombra e voluttà autodistruttive, prende in giro i ruoli comuni senza mai rinnegarli sino in fondo.
Corre dietro alle ossessioni impugnando un retino da farfalle. Oltre lo steccato bianco, calpesta il prato e i tappeti del salone, sfiora il corrimano, nasconde il naso nella lavanda degli armadi.
Una piroetta e un’occhiata distratta al cadavere in piscina.
Sul palco pare caduta per caso, vittima delle sua stessa allucinazione. Alla chitarra imprime l’elettricità di ogni muscolo e nervo; si piega, s’irrigidisce, si gira. E sorride, inchiodata a espressione di perpetuo stupore. Qualcuno le rimprovera una gestione troppo oculata della follia leggiadra e della fisicità diafana.
I ghirigori comme il faut e le ridondanze laccate che sembrano denunciare un eccesso di mestiere e tradire la presunta originaria vocazione indie.
Annie Clark seguiterà ad essere gentile, imbambolata e ben educata. A offrire al pubblico l’incarnato perfetto della sua figura e della sua musica.
Al momento giusto tirerà, torcerà e spezzerà.
Annie Clark seguiterà a nascondere la verità spigolosa dietro frange e taffetà.
Potremo intuirla, se ci andrà di guardare attraverso la sua menzogna prismatica.
Annie Clark da Dallas, Texas, seguiterà a ricordarci che disintegrarsi addosso al primo arrivato vuol dire scegliere la strada facile. Quella comoda e senza scorci.
Fermarsi a fotografare il panorama dei disincanti esistenziali o prestare orecchio al suono soffuso della propria implosione: per quello sì, che ci vuole coraggio.
(Cru-u-u-u-u-el)