Foto Sabrina Suadoni

Prigioniero del tempo

Immense dune di sabbia. Non vedeva altro.

La borraccia che gli pendeva da un fianco era quasi vuota. Si girò per guardare le impronte dei suoi piedi: erano una striscia che si perdeva dietro l’ultima montagna di sabbia, come quelle che lasciano gli scarafaggi. Non tirava un alito di vento e tutto era calmissimo, imperturbabilmente quieto.

Mosse qualche passo in avanti, più che altro arrancò.

Secondo la sua cognizione del tempo, doveva mancare poco.

Fece ancora un dozzina di passi e vide che i granelli sotto i suoi piedi cominciavano a muoversi. Ci siamo, pensò. Di lì a qualche secondo il segno di una voragine si fece più nitido, e la sabbia cominciò a mancargli sotto i piedi. Cercò di tirarsi fuori da quel gorgo che lo stava attirando, ma più cercava scampo, più scivolava giù. Venne inghiottito.

Per lunghissimi attimi non capì più dove fosse l’alto, il basso, la destra o la sinistra, fu sballottato violentemente. Poi, per l’ennesima volta, si ritrovò nell’ampolla inferiore della clessidra.

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